Con sentenza n. 39/2024, la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti della Sardegna ha ricordato che il danno erariale conseguente all’erronea quantificazione del Fondo per la contrattazione integrativa si verifica (si attualizza) solo nel caso in cui non venga posto in essere (o, comunque, non vada a buon fine) il piano di rientro previsto dall’art. 40, comma 3 quinquies, del D.lgs. n. 165 del 30 marzo 2001 e s.m.i., ai sensi del quale “… in caso di superamento di vincoli finanziari … è fatto altresì obbligo di recupero nell’ambito della sessione negoziale successiva”.
La norma in questione, precisa la Sezione, ha infatti proprio la finalità di individuare un correttivo automatico che modifichi per il futuro la consistenza dei fondi destinati al salario accessorio, attraverso un recupero delle eventuali somme conferite in eccesso, grazie ad un sistema obbligatorio di riassorbimento, diluito nel tempo, sulle risorse da destinarsi ai medesimi fini per gli anni a venire, e che una volta approvato ed attuato integra la fattispecie tipica descritta nella norma. Ne consegue che, se viene approvato il piano di recupero, il danno all’erario può attualizzarsi solo nel momento in cui il procedimento di recupero, individuato dal legislatore come necessario ed obbligatorio, non venga portato ad esecuzione in tutto o in parte, con conseguente responsabilità erariale dei soggetti obbligati all’attuazione del piano stesso.
In merito la Corte ha richiamato infatti la scarna giurisprudenza in materia – sia pure riferita al similare disposto di cui all’art. 4 del D.L. n. 16 del 2014, convertito dalla L. n. 68 del 2014 – e in particolare quanto affermato dalla Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana, con sent. n. 56/A/2021 (di riforma della sent. n. 157/2000 della Sezione giurisdizionale Sicilia), secondo cui “Il presupposto della responsabilità erariale ordinaria, al di là delle specifiche ipotesi enucleate … dal legislatore, è la individuazione di un danno da risarcire. Nessuna norma, infatti, autorizza a ritenere che il ripiano del danno tramite risparmio di spesa, ovvero tramite recupero a carico di soggetti diversi dai presunti percettori delle illegittime erogazioni, presentino una minore o diversa efficacia nella eliminazione del pregiudizio. Quanto alla parte della motivazione della sentenza impugnata, secondo cui il recupero ex art. 4 d.l. n. 16/14 non avrebbe rilievo anche per ragioni di natura oggettiva, in quanto costituirebbe un risparmio di spesa, va condivisa la prospettazione della difesa che ha diversamente opinato come le somme recuperate ai sensi dell’art. 4 d.l. citato vengono prelevate dal cd. Fondo risorse decentrate, che è alimentato da specifiche poste, fisse e variabili. Si tratterebbe, dunque, di risparmi di spesa derivanti dalla mancata erogazione di determinate somme ai dipendenti, e dunque di pertinenza degli stessi. Del resto, la natura di risparmio di spesa attiene alla fonte da cui il citato fondo trae origine, ma non incide sul diverso profilo del ristoro ottenuto dalla PA, la quale, tramite il meccanismo di cui all’art. 4 d.l. 16/14, finisce per incamerare importi di altrui competenza. … Si tratta, infatti, della peculiare responsabilità c.d. collettiva degli stessi dipendenti in luogo di quella dei singoli che si radica nell’art. 4 d.l. citato, mediante il prelievo dal Fondo collettivamente riferibile agli stessi lavoratori e dagli stessi alimentato. È lo stesso legislatore che ha previsto tale possibilità di ristoro della PA che è sottoposta ad alcuni paletti e condizioni, tra questi la condizione che, al momento in cui è iniziato il recupero, non fosse intervenuta pronunzia di condanna contabile. Al riguardo, basta considerare che, prima ancora della pronunzia di condanna, l’Amministrazione aveva provveduto a recuperare una somma ben maggiore di quella contestata e, ancor di più, rispetto a quella comminata. Del resto, se fosse possibile confermare la sentenza di condanna degli amministratori, nonostante il già disposto recupero citato sul Fondo, allora la PA danneggiata, oltre a beneficiare del ristoro intervenuto per scelta del Legislatore ex d.l. 16/14, finirebbe anche per incamerare importi di altrui competenza. In altri termini, è vero che il precitato meccanismo ex d.l. 14/16 non potrebbe avere effetto sanante ex tunc, dunque legittimamente l’Azione della Procura era stata avviata, ma già prima della declaratoria di condanna in primo grado, alla luce delle dianzi espresse considerazioni, doveva reputarsi utile per ritenere implausibile l’esistenza attuale di un danno da risarcire”.
I Giudici hanno poi ricordato altresì la pronuncia della Sezione Giurisdizionale Toscana n. 288 del 2020, dall’esame della quale emerge che “la Procura contabile … con atto integrativo di citazione … a seguito del deposito della sentenza dichiarativa di nullità (n. 280/2018) … ha ritenuto di non dover procedere alla richiesta di risarcimento del danno in relazione a quanto inserito nel piano di recupero, stante la inattualità del danno prospettato fino alla scadenza del termine per la recuperabilità delle somme di che trattasi. La Procura procedente, quindi, ha ritenuto di poter richiedere in pagamento, con l’atto integrativo di citazione, unicamente le Progressioni economiche orizzontali erogate dal 1° luglio 2007 al 31 luglio 2012, oltre alle indennità illegittimamente erogate dal 2010 al 2012. Con riferimento al quantum, inoltre, la Procura ha ritenuto di poter ridurre la richiesta formulata decurtando dall’originaria somma anche quanto recuperato sino ad oggi in virtù del noto piano di recupero previsto per legge. … Merita segnalare che … con due distinte sentenze (n. 888 e 889 del 2015) il Tribunale di Firenze – Sezione Lavoro, adito al fine di far dichiarare illegittime le azioni di recupero tentate dal Comune di Firenze nei confronti dei singoli dipendenti percettori dei benefici economici accessori illegittimamente percepiti, ha dichiarato irripetibili nei confronti dei dipendenti le somme erogate oltre i limiti imposti alla contrattazione integrativa ed ha individuato nella compensazione graduale delle somme indebitamente corrisposte, a valere sui bilanci futuri dell’ente, secondo le previsioni di cui all’art. 4 del decreto-legge n. 16 del 6 marzo 2014 … L’attore pubblico, anche alla luce delle indicazioni contenute nella relazione redatta dalla Guardia di Finanza nel 2019, ha ritenuto di poter sottrarre dall’ammontare del presunto danno contestato nel 2013, l’intero importo che risulta essere stato inserito nel piano di recupero, chiedendo la restituzione unicamente di quanto erogato in eccedenza”.