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Lavoro flessibile: determinazione del tetto di spesa nell’ipotesi di spesa storica irrisoria

Con la recente deliberazione n. 112/2024/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti delle Marche ha ribadito che, per consolidato orientamento della Magistratura contabile, nel caso in cui nelle annualità di riferimento un’amministrazione pubblica abbia sostenuto spese per lavoro flessibile per importi irrisori, ovvero comunque inidonei a costituire un parametro attuale ai fini assunzionali, l’amministrazione stessa può, con motivato provvedimento, individuare un nuovo parametro di riferimento, costituito dalla spesa strettamente necessaria per far fronte ad un servizio essenziale per l’ente. Resta fermo tuttavia il rispetto dei presupposti stabiliti dall’art. 36, commi 2 e ss., del d.lgs. n. 165/2001 e della normativa – anche contrattuale – ivi richiamata, nonché dei vincoli generali previsti dall’ordinamento.

Come affermato dalla Sezione delle autonomie nella deliberazione n. 15/2018/QMIG, «Il criterio della “spesa necessaria per far fronte ad un servizio essenziale per l’ente” rappresenta, dunque, una concreta indicazione per gli enti in regola con l’obbligo di riduzione e contenimento delle spese di personale di cui all’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 i quali, vieppiù ove siano di modeste dimensioni e possano contare su esigue risorse umane a disposizione, risulterebbero oltremodo penalizzati dall’assenza di spesa storica pur essendo particolarmente esposti a contingenze di natura straordinaria e non prevedibile. Configurandosi come limite minimo, la creazione di una “nuova” base di spesa, valida per il futuro, non incide, né fa venir meno la tassatività e specificità delle ipotesi di esclusione della disciplina vincolistica in materia di spese del personale previste dal d.l. n. 90/2014 né si pone in contrasto con la linea ermeneutica di stretta interpretazione che, a diversi fini, è stata sintetizzata da questa stessa Sezione nell’adagio “ubi lex voluit dixit” (deliberazioni n. 21/2014 e n. 2/2015). Ebbene, una volta ammessa l’esistenza di un parametro – pur non espressamente previsto dal legislatore, ma desunto dal complesso normativo – non appare coerente affermare che, viceversa, nell’ipotesi in cui la spesa esista, ma sia assolutamente inadeguata e inidonea a costituire un riferimento per assunzioni a carattere flessibile necessarie per l’espletamento di un servizio essenziale, non trovi applicazione – per gli enti virtuosi di modeste dimensioni – il principio di diritto enunciato con la deliberazione n. 1/2017, rimanendo, invece, indefettibili i limiti indicati dalla norma».

Conseguentemente, è stato affermato il seguente principio di diritto: «Ai fini della determinazione del limite di spesa previsto dall’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010 e s.m.i., l’ente locale di minori dimensioni che abbia fatto ricorso alle tipologie contrattuali ivi contemplate nel 2009 o nel triennio 2007-2009 per importi modesti, inidonei a costituire un ragionevole parametro assunzionale, può, con motivato provvedimento, individuarlo nella spesa strettamente necessaria per far fronte, in via del tutto eccezionale, ad un servizio essenziale per l’ente. Resta fermo il rispetto dei presupposti stabiliti dall’art. 36, commi 2 e ss., del d.lgs. n. 165/2001 e della normativa – anche contrattuale – ivi richiamata, nonché dei vincoli generali previsti dall’ordinamento».

Come infatti chiarito dalla citata deliberazione n. 15/2018/QMIG, «Resta l’obbligo dell’Ente di fornire una adeguata motivazione in ordine alla effettiva necessità di garantire servizi essenziali e alla ragionevolezza delle scelte assunzionali da adottare, in termini di economicità ed efficacia».

Tags: Lavoro flessibile, Limiti di spesa