Con la sentenza n. 16138 dell’11 giugno 2024 la Cassazione ha chiarito che sussiste l’obbligo di pagare la tassa rifiuti in tutti i casi in cui l’immobile è idoneo a produrre rifiuti a prescindere dall’effettiva produzione degli stessi per volontà o esigenze dell’utente.
Ne deriva che sono esclusi solo i locali che per caratteristiche obiettive non possono produrre rifiuti non per scelta del detentore ma per l’impossibilità di utilizzo.
Tale principio, secondo la Cassazione, è applicabile anche per gli immobili sottoposti a sequestro, a meno che non venga dimostrato che oggettivamente non può essere usato e vale sia per le utenze domestiche sia non domestiche.
Le deroghe a tale principio riguardano solo casi eccezionali e l’esclusione può essere concessa solo se l’utente documenta le condizioni che determinano l’impossibilità di utilizzo dell’immobile in quanto la norma prevede che la TARI sia dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani (Art. 1 comma 642 L. 147/2013).
L’amministrazione Comunale ha la facoltà e non l’obbligo di prevedere nel proprio regolamento delle riduzioni per alcune casistiche particolari come per esempio l’uso stagionale del locale, previa dichiarazione al Comune da parte dell’interessato.
La Cassazione torna quindi a confermare che l’esclusione dall’obbligo di pagamento del tributo costituisce ipotesi del tutto eccezionale nel caso di fabbricati ed aree scoperte operative che vengono considerate sempre produttive di rifiuti, a parte le ipotesi di esclusioni contemplate dalla legge previste dall’art. 1 comma 641 della L. n. 147/2013 “Sono escluse dalla TARI le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva”.