Ciclicamente torna in auge in dottrina e in giurisprudenza il tema dell’individuazione della corretta fonte di regolazione dei criteri di ripartizione degli incentivi alle funzioni tecniche.
Malgrado i ripetuti pronunciamenti in materia, infatti, molte amministrazioni continuano a chiedersi se sia o meno ancora necessaria l’adozione di un apposito regolamento ai fini del riparto degli incentivi stessi.
Questa volta è intervenuta sull’argomento la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti del Piemonte (con deliberazione n. 145/2024/PAR), la quale ha preliminarmente ricordato che ai sensi del comma 3, seconda parte, dell’articolo 45 del D.Lgs. 36/2023, “I criteri del relativo riparto, nonché quelli di corrispondente riduzione delle risorse finanziarie connesse alla singola opera o lavoro, a fronte di eventuali incrementi ingiustificati dei tempi o dei costi previsti dal quadro economico del progetto esecutivo, sono stabiliti dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti, secondo i rispettivi ordinamenti, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del codice”.
Tale disposizione riproduce dunque il contenuto in parte qua del previgente articolo 113 del D.Lgs. n. 50/2016 che già consentiva alle amministrazioni, previa adozione di un regolamento interno e della stipula di un accordo di contrattazione decentrata, di erogare emolumenti economici accessori a favore del personale interno alle Pubbliche amministrazioni per attività, tecniche e amministrative, nelle procedure di programmazione, aggiudicazione, esecuzione e collaudo (o verifica di conformità) degli appalti di lavori, servizi o forniture.
In tale contesto, ricordano i Giudici, la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, con la pronuncia n. 6/2018/QMIG, aveva chiarito che “per l’erogazione degli incentivi l’ente deve munirsi di un apposito regolamento, essendo questa la condizione essenziale ai fini del legittimo riparto tra gli aventi diritto delle risorse accantonate sul fondo (in termini: SRC Veneto n. 353/2016/PAR) e la sede idonea per circoscrivere dettagliatamene le condizioni alle quali gli incentivi possono essere erogate. Il comma 3 dell’art. 113 citato, infatti, fa obbligo all’amministrazione aggiudicatrice, di stabilire “i criteri e le modalità per la riduzione delle risorse finanziarie connesse alla singola opera o lavoro” nel caso di “eventuali incrementi dei tempi o dei costi”. Una condizione, dunque, che collega necessariamente l’erogazione dell’incentivo al completamento dell’opera o all’esecuzione della fornitura o del servizio oggetto dell’appalto in conformità ai costi ed ai tempi prestabiliti”.
Ora, pacifico essendo che il termine fissato dall’articolo 45, comma 3, del codice ha carattere ordinatorio, e che quindi il suo recepimento può avvenire in ogni tempo da parte delle amministrazioni interessate, il Collegio non ritiene che sussistano elementi normativi in grado di comportare un superamento dell’indirizzo in parte qua restrittivo tracciato dalla citata autorevole pronuncia.
Infatti, precisa la delibera, la disposizione del vigente D.Lgs n. 36/2023 continua a prevedere la necessità di un’apposita disciplina attuativa da parte della stazione appaltante “secondo i rispettivi ordinamenti”; i profili espliciti di semplificazione rispetto al quadro normativo previgente di cui al D.Lgs n. 50/2016 risiedono essenzialmente nella venuta meno degli obblighi di destinare le risorse per gli incentivi ad un “apposito fondo”, e di ripartirne le risorse “con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale, sulla base di apposito regolamento adottato dalle amministrazioni secondo i rispettivi ordinamenti”.
Anche la relazione al codice, nel commentare il comma 3 dell’art 45, precisa che gli incentivi per funzioni tecniche “sono erogati direttamente al personale dipendente, senza la confluenza nel fondo per l’incentivazione come previsto dal vigente articolo 113 del d.lgs. n. 50 del 2016, attuando una notevole semplificazione sul piano finanziario, burocratico e contabile”.
Sulla scorta di tali rilievi, il recente parere n. 3360 dell’11 ottobre 2023 dell’ANAC evidenzia come “Il nuovo quadro normativo non impone più l’adozione di un apposito regolamento e la costituzione di un apposito fondo, quale condizione essenziale ai fini del riparto degli incentivi, ma dispone che le amministrazioni si regolino, in tale ambito, secondo i propri ordinamenti”, concludendo condivisibilmente nel senso che “rimane, comunque, ferma la necessità che la definizione dei criteri sia fatta mediante un atto a valenza generale”.
Rimanendo fermo che, per l’erogazione di detti incentivi e l’integrazione dei relativi criteri, l’ente debba munirsi di un apposito atto generale unilaterale, la Sezione ritiene che in sede municipale la fonte idonea possa anche essere individuata nel regolamento (vista l’autonomia regolamentare conferita all’ente ex articolo 7 del D. Lgs n. 267/2000), che andrà aggiornato in recepimento dei contenuti del nuovo codice dei contratti pubblici.
La predeterminazione da parte dell’amministrazione erogante è infatti una condizione essenziale, unitamente alla contrattazione decentrata, ai fini del legittimo riparto tra gli aventi diritto di tali risorse.