Nella giornata di ieri l’Ifel ha pubblicato una nota di commento alla recente deliberazione della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Lombardia n. 113/2024/PAR, con la quale i giudici contabili lombardi hanno fornito una lettura piuttosto restrittiva delle prescrizioni contenute nel comma 1091, articolo 1, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
La disposizione in esame, come noto, ha riconosciuto agli enti locali la possibilità, previa adozione di uno specifico regolamento, di destinare il maggiore gettito (accertato e riscosso) derivante dagli accertamenti dell’imposta municipale propria e della TARI, al potenziamento delle risorse strumentali degli uffici comunali preposti alla gestione delle entrate e al trattamento accessorio del personale dipendente.
Il motivo del contendere riguarda in particolare la quantificazione del montante di riferimento. Invero, la norma primaria su questo punto non si spinge ad una determinazione tecnica, ma fa riferimento soltanto alla facoltà comunale di “prevedere che il maggiore gettito accertato e riscosso, relativo agli accertamenti dell’imposta municipale propria e della TARI, nell’esercizio fiscale precedente a quello di riferimento risultante dal conto consuntivo approvato, nella misura massima del 5 per cento” sia destinato al potenziamento delle attività degli uffici preposti alla gestione delle entrate (risorse strumentali e incentivazioni economiche al personale).
Orbene, a giudizio della Corte dei conti non sono ravvisabili dubbi interpretativi in riferimento al “…montante…” a cui rapportare la percentuale “…massima del 5%…”, dal momento che «l’unico parametro di riferimento considerato dal legislatore è il maggior incasso (di competenza) di tali entrate accertate, per l’appunto, nell’esercizio di competenza, senza che alcun rilievo o valenza possa attribuirsi né agli accertamenti singolarmente considerati (come sembra prospettare l’ente nella prima parte del quesito, contrassegnato dal n. 1), ignorando del tutto il correlato dato della relativa riscossione, né al computo delle riscossioni eventualmente avvenute a residuo per le medesime tipologie di entrate, sia che siano riferite all’accertamento effettuato nell’esercizio ancora precedente (ed incassate in quello corrente), sia che siano derivate dalla riscossione coattiva di ruoli provenienti da esercizi pregressi (e quindi ancora più remoti).
In altri termini, deve ritenersi che non sia sufficiente il maggior accertamento, ma anche il maggior incasso, limitatamente all’anno a cui lo stesso accertamento si riferisce».
L’Ifel invece conferma che, a suo avviso, «il riferimento della norma è ben chiaro nel rivolgersi alla riscossione dell’IMU e della Tari non spontanea, ma indotta da azioni dell’amministrazione. Il “maggiore gettito accertato e riscosso, relativo agli accertamenti dell’imposta municipale propria e della TARI” debitamente accertato nel rendiconto, rimanda con chiarezza ai risultati dell’azione positiva dell’amministrazione in materia di recupero dell’evasione. Si deve quindi confermare che per definire la portata del “maggiore gettito”, l’aggettivo deve riferirsi all’ammontare complessivamente incassato a seguito dell’attività di contrasto all’evasione, nelle varie modalità in cui tale attività può realizzarsi, un aumento di risorse che non si sarebbe raggiunto con il solo adempimento spontaneo.
Per identificare il “maggior gettito”, dunque, non c’è alcun confronto intertemporale da effettuare, bensì dovranno essere considerate tutte le riscossioni diverse da quelle ordinarie, generate da attività di verifica e controllo poste in essere dal Comune. Detto in altri termini, il maggior gettito è quello realizzato complessivamente a seguito delle attività di contrasto dell’evasione, rispetto alla situazione in cui l’ente non effettui alcuna attività di controllo».
Secondo l’Ifel, inoltre, «sarebbe del tutto illogico ritenere che l’alimentazione del Fondo incentivante possa avvenire con riferimento ai soli atti di recupero che sono, al tempo stesso, emessi ed incassati nel medesimo anno, sia perché una parte consistente degli atti viene notificata nell’ultima parte dell’anno, ed è quindi incassata naturalmente l’anno successivo, sia perché si escluderebbero gli importi oggetto di rateizzazione.
Come parimenti si ritiene illogico ritenere che l’incentivo possa essere riconosciuto solo sul differenziale del recupero realizzato su due anni.
Seguendo tale logica, sarebbe incentivabile il solo “maggiore” recupero rispetto a quanto riscontrato l’anno precedente. Questa errata impostazione presuppone che l’ammontare del recupero possa essere migliorato di anno in anno, situazione che difficilmente si verifica dove l’attività di recupero dell’evasione risulta ben strutturata, ed il mantenimento di livelli di recupero, già alti, deve ovviamente rappresentare di per sé un obiettivo incentivabile.
Considerando la ratio della norma, si deve infatti ritenere che il legislatore abbia voluto fare riferimento all’importo riscosso da atti di recupero tributario relativi all’IMU e alla Tari. Conseguentemente, quello che rileva è quanto riscosso in un determinato anno, indipendentemente dal periodo di emissione dell’atto. Si ritiene, dunque, che il parametro di riferimento ai fini dell’alimentazione del Fondo debba essere l’ammontare complessivo delle “riscossioni sollecitate” realizzate in un determinato anno».
Vedremo in futuro quale delle due interpretazioni innanzi illustrate prevarrà.