Riportiamo di seguito alcuni nuovi orientamenti applicativi Aran pubblicati negli ultimi giorni nella banca dati dell’Agenzia.
Il dipendente in lavoro agile può svolgere nella medesima giornata una prestazione lavorativa in modalità mista: ossia, parte in modalità agile e parte in presenza nel luogo di lavoro?
La possibilità di effettuare una giornata “mista” tra lavoro agile e lavoro in presenza è prevista dal vigente contratto solo in due ipotesi ben delineate ed aventi carattere eccezionale.
In primo luogo, l’Amministrazione può richiamare in ufficio il lavoratore che sta prestando la propria attività in modalità agile nel caso di “problematiche di natura tecnica e/o informatica” o “di cattivo funzionamento dei sistemi informatici”, a causa delle quali l’attività lavorativa a distanza viene concretamente impedita o sensibilmente rallentata (cfr. art. 66, co. 4, del CCNL del 16.11.2022).
Oppure, in secondo luogo, l’Amministrazione può richiamare il dipendente nell’ipotesi di “sopravvenute esigenze di servizio” (co. 5). In questo caso deve essere data comunicazione che deve pervenire in tempo utile per la ripresa del servizio.
Pertanto, come si evince dalla lettura dei commi citati, si tratta di ipotesi residuali e straordinarie e che non ammettono un’estensione analogica in altri casi non disciplinati. Ulteriori e diverse ipotesi di attività “mista” di tipo volontario e programmabile a priori dalle parti non sono quindi conformi alla normativa legislativa e contrattuale vigente.
In che mondo la fruizione dei permessi non retribuiti riconosciuti al dipendente a tempo determinato dall’art. 55, co. 1, lett. d) del CCNL Comparto Funzioni Centrali del 12/02/2018 influisce ai fini del computo delle ferie (per il comparto Funzioni Locali si veda l’art. 61, co. 1, lett. d) del CCNL 16 del novembre 2022)?
I permessi non retribuiti riconosciuti ai dipendenti a tempo determinato, ai sensi dell’art. 55, co. 1, lett. d) del CCNL Comparto Funzioni Centrali del 12/02/2018, consistono chiaramente in assenze giustificate dal lavoro.
Tali assenze non retribuite non permettono però la maturazione delle giornate di ferie. Tale conclusione è supportata dalla giurisprudenza formatasi sulla questione, la quale in considerazione della sinallagmaticità che caratterizza le prestazioni delle parti del rapporto di lavoro fa discendere questa esclusione dal venir meno dell’obbligo del datore di lavoro di corrispondere la retribuzione al lavoratore nei casi di assenza non retribuita (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 16/12/1988, n. 6872 e Cass. civ. n. 1315 del 15/02/1985).
Un dipendente, già fruitore di un distacco sindacale part-time (4,5 ore il lunedì e 4,5 ore il martedì) può chiedere un ulteriore permesso non retribuito da recuperare in altro giorno della settimana per partecipare ad una trattativa sindacale? L’ente è tenuto a concederglielo?
L’art. 8, comma 7 del CCNQ del 4 dicembre 2017, come modificato dall’art. 1, comma 3 del CCNQ del 19 novembre 2019, prevede che, nelle ipotesi di distacco sindacale con prestazione lavorativa ridotta, non è consentito usufruire dei permessi per l’espletamento del mandato, fatto salvo quanto previsto ai successivi commi 7 bis e 7 ter. Il comma 7 in parola consente, tuttavia, in via eccezionale, di fruire di permessi senza riduzione del debito orario, da recuperare nell’arco dello stesso mese.
Quanto all’obbligatorietà per l’ente di concedere o meno i permessi a recupero, si ritiene che, anche in tali casi, debba applicarsi la regola generale prevista nei CCNL per la fruizione dei permessi brevi, che fa dipendere la possibilità di assentarsi del dipendente alla valutazione del dirigente o del responsabile preposto all’unità organizzativa presso cui presta servizio.
Se un dipendente, componente della RSU, si è assentato dal servizio per un periodo superiore a 6 mesi, in considerazione di quanto disposto dall’art. 9, commi 4 e 7 del ACNQ 12 aprile 2022, decade? E in tale ipotesi chi deve rilevare la decadenza del componente RSU e con quali modalità e forma?
Il comma 4 dell’art. 9 del ACNQ del 12 aprile 2022 prevede che il componente RSU decade, tra le varie ipotesi ivi indicate, anche per l’assenza continuativa dall’ufficio superiore a 6 mesi, qualora tale assenza comporti che il numero di componenti effettivamente in servizio nella sede RSU che possono assumere le decisioni sia inferiore al 50% del numero previsto all’art. 4 (Numero dei componenti) del medesimo ACNQ.
Conseguentemente, la circostanza che un componente della RSU sia assente da oltre sei mesi o sia stato assente per più di sei mesi non comporta di per sé la decadenza dello stesso in quanto la decadenza, in tali casi, opera solo nell’ipotesi in cui i componenti presenti siano scesi al di sotto del 50% del numero previsto dall’art. 4 dell’ACNQ del 12 aprile 2022. In via esemplificativa, se una RSU è composta da 3 componenti e uno di questi è assente da oltre sei mesi, il componente assente non decade se nella RSU sono ancora operativi 2 componenti, ovvero più del 50% di 3.
Diversamente, si configura un caso di decadenza qualora l’assenza prolungata (oltre 6 mesi) di un componente non permette alla RSU di poter prendere decisioni poiché sono rimasti in servizio meno del 50% dei componenti.
La norma in esame prevede che l’amministrazione informi della situazione la RSU ma poi spetta a quest’ultima dare comunicazione ai lavoratori della decadenza del componente mediante affissione in luogo accessibile a tutti i dipendenti o pubblicandola nell’eventuale sezione intranet dell’amministrazione dedicata alla RSU. Spetta sempre alla RSU (comma 6) nelle fattispecie previste ai commi 3 e 4, comunicare all’amministrazione ed ai lavoratori il nominativo del componente subentrante o, nell’ipotesi di cui al comma 5, la dichiarazione di decadenza dell’intera RSU.
Il successivo comma 7, infine, prevede l’intervento dell’amministrazione solo nell’ipotesi in cui, decorsi quarantacinque giorni, la RSU non abbia adempiuto agli obblighi di cui ai commi 4, 5 e 6. In tali casi, infatti, la decadenza automatica del singolo componente o dell’intera RSU può essere rilevata anche dall’amministrazione, la quale nel primo caso invita i componenti della RSU rimasti in carica a provvedere alla sostituzione, mentre nel secondo caso invita le organizzazioni sindacali aventi titolo ad indire nuove elezioni.
È possibile svolgere delle elezioni RSU suppletive a fronte della presentazione di una sola lista con 3 candidati?
L’ACNQ in materia di RSU del 12 aprile 2022 non contiene restrizioni allo svolgimento delle elezioni nell’eventualità della presentazione di una sola lista, pur non essendo tale aspetto indicato esplicitamente nelle norme contrattuali. Infatti, nel citato Accordo del 12 aprile 2022 ciò si può evincere dalla dichiarazione n. 2 riportata in calce all’art. 19 nella quale si legge che “Le parti si danno atto che la Commissione elettorale di cui all’art. 19 è composta di minimo tre componenti. Tuttavia, laddove sia presentata un’unica lista o nell’ipotesi in cui, malgrado i tentativi di cui al comma 4, i componenti designati risultassero meno di tre, al fine di consentire in ogni caso l’esercizio del diritto di voto, la Commissione elettorale può comunque essere costituita con i componenti designati”. Tuttavia, quanto sopra riportato vale nell’ipotesi delle elezioni delle RSU relative alla tornata generale che avviene a livello nazionale in tutti i comparti, atteso che quest’ultime vengono effettuate non solo per il rinnovo degli organismi di rappresentanza dei lavoratori ma, altresì, per la rilevazione da parte dell’Aran del dato elettorale ai fini dell’accertamento della rappresentatività sindacale triennale. Diversamente, nel caso sia necessario, nel corso del triennio di vigenza delle RSU, svolgere delle elezioni suppletive in un singolo posto di lavoro (ad esempio perché l’intera RSU è decaduta) è possibile effettuare le elezioni anche se sia stata presentata un’unica lista purché la stessa abbia almeno un numero di candidati pari al numero minimo dei componenti necessari per la costituzione della RSU nella sede interessata (cfr. art. 4 ACNQ citato).
Se un dipendente del comparto FL, funzionario direttivo titolare di posizione organizzativa, già in distacco sindacale a tempo parziale per 18 ore settimanali (50%), chiede anche di essere collocato in aspettativa sindacale non retribuita a tempo parziale per le restanti 18 ore, è corretto ridurre il trattamento economico del 50% ed in particolare ridurre del 50% anche l’indennità di posizione?
Il trattamento economico dei dipendenti del comparto FL in distacco sindacale è disciplinato dall’art. 47 del CCNL del 14 settembre 2000, come integrato dall’art. 39 del CCNL 22 gennaio 2004, che al comma 3 prevede: “al personale incaricato delle funzioni dell’area delle posizioni organizzative, di cui agli artt.8-11 del CCNL del 31.3.1999, oltre al trattamento indicato, compete la retribuzione di posizione corrispondente all’incarico attribuito al momento del distacco sindacale o altra di pari valenza in caso di successiva rideterminazione dei relativi valori”.
Pertanto, se un dipendente incaricato di PO è collocato in distacco sindacale al 50% conserva la retribuzione di posizione per intero atteso che, in virtù della richiamata norma contrattuale, ne percepisce una metà per la circostanza di essere in distacco part-time e l’altra metà per il fatto di rendere la residuale prestazione lavorativa.
Diverso è il caso dell’aspettativa sindacale non retribuita per la quale si opera una decurtazione della retribuzione in relazione alla percentuale di aspettativa richiesta.
Nel caso in cui il lavoratore fruisca di un distacco sindacale al 50% e per la restante percentuale goda di una aspettativa sindacale non retribuita, infatti, la retribuzione interesserà solo le 18 ore coperte dal distacco retribuito part-time – e quindi l’indennità di posizione organizzativa è ridotta del 50% – mentre per le 18 ore relative all’aspettativa sindacale nulla è dovuto, salvo quanto previsto dall’art. 19, comma 5 del CCNQ 4 dicembre 2017.