Skip to content

Trova conferma la tesi dell’esclusione dal tetto del salario accessorio degli aumenti delle PO

Con la recente deliberazione n. 104/2020/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti del Veneto ha confermato la perdurante applicabilità dell’art. 11-bis, comma 2, del D.L. n. 135/2018, anche alla luce delle nuove disposizioni introdotte dal c.d. “Decreto crescita”.

Invero, afferma il Collegio, la disposizione in esame appare tutt’ora vigente, non essendo stata abrogata espressamente dal legislatore e non risultando incompatibile con il nuovo assetto normativo, il quale ha ricevuto attuazione tramite il D.M. del 17/03/2020 e successiva circolare esplicativa del Ministro per la Pubblica Amministrazione di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e il Ministro dell’Interno dell’8 giugno 2020. Peraltro, il contenuto della disposizione del CCNL richiamata dal citato art. 11-bis, comma 2, del D.L. 135/2018 (art. 15 del CCNL del 21 maggio 2018), non contempla limiti temporali alla sua applicazione con conseguente continuità, e non esaurimento, dei relativi effetti giuridici, quanto meno in ragione del rinnovo automatico previsto dall’art. 2, comma 4, del CCNL “Funzioni Locali”.

L’operatività della citata norma, infatti, non risulta essere venuta meno, a ragion del fatto che la stessa, nel fare riferimento alle somme che l’ente può destinare alle assunzioni a tempo indeterminato, non procede ad un rinvio diretto ed esplicito a specifiche disposizioni di legge, ma utilizza la seguente espressione: “(…) attribuito a valere sui risparmi conseguenti all’utilizzo parziale delle risorse che possono essere destinate alle assunzioni di personale a tempo indeterminato che sono contestualmente ridotte del corrispondente valore finanziario.” Tale espressione appare aperta e non vincolante rispetto ad una determinata normativa di riferimento e, dunque, rappresenta un rinvio dinamico e non statico – il cui contenuto è soggetto alle norme applicabili ratione temporis – in merito alle norme da applicare. La stessa può, pertanto, interpretarsi quale riferimento, fino al D.M. del 17 marzo 2020, alla normativa concernente il turn over (v. art. 3 del D.L. n. 90/2014) e – successivamente al predetto D.M. – agli specifici tetti, quale risultato del nuovo calcolo della capacità assunzionale.

In conclusione, afferma la Sezione, le norme introdotte dal c.d. “Decreto crescita” – D.L. n. 34/2019, in particolare con l’art. 33, le successive disposizioni attuative contenute nel D.M. di attuazione del 17 marzo 2020 e quelle contenute nella circolare interministeriale dell’8 giugno 2020 – non determinano l’impossibilità, per i comuni privi di posizioni dirigenziali, di rinunciare a parte degli spazi assunzionali ai fini dell’incremento del trattamento accessorio delle posizioni organizzative, ove ne ricorrano tutte le condizioni previste dall’art. 11-bis, comma 2, del D.L. c.d. “Semplificazioni” del 2018.

I Giudici contabili hanno però anche voluto lanciare un monito contro un utilizzo “incauto” delle capacità assunzionali attualmente a disposizione degli enti. Ciò, in considerazione del fatto che l’andamento complessivo della gestione di bilancio potrebbe mostrare segni di squilibri anche non temporanei causati da situazioni contingenti, strutturate o straordinarie, anche negli esercizi immediatamente successivi, ragion per cui la valutazione dell’amministrazione dovrà essere attentamente ponderata, specialmente in un particolare momento come quello che sta attraversando il Paese. Conseguentemente, nel caso in cui l’amministrazione intenda procedere, a seguito dell’approvazione del rendiconto 2019, alla rimodulazione del PTFP, sarà tenuta a valutare attentamente la capacità di mantenere negli anni un volume di entrate correnti tale da poter sostenere non solo gli oneri dei livelli occupazionali attuali, ma altresì quelli ulteriori derivanti dal possibile esercizio delle facoltà assunzionali a disposizione in relazione alla fascia di appartenenza di cui al D.M. 17 marzo 2020, attuativo dell’art. 33.