Contrariamente a quanto sostenuto in passato dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti del Piemonte (v. deliberazione SRC Piemonte n. 89/2023/PAR) e dall’Anac (v. deliberazione n. 64 del 10 gennaio 2024), la Sezione regionale di controllo della Lombardia ritiene che le polizze assicurative previste dal Codice dei contratti pubblici per i progettisti e i verificatori interni all’amministrazione appaltante non possano circoscriversi alla sola responsabilità civile verso terzi.
Con deliberazione n. 241/2024/PAR, la Sezione ha infatti evidenziato che il principio di fiducia contenuto nel d.lgs. n. 36/2023 garantisce uno speciale trattamento ad alcuni dipendenti pubblici tanto in ragione del ruolo da essi rivestito, quanto al fine di incentivarne l’iniziativa, liberandoli dal timore di essere esposti a conseguenze risarcitorie nei confronti dell’Amministrazione per le maggiori spese che questa fosse chiamata a sostenere per effetto di errori od omissioni non intenzionali del progetto relativo all’opera pubblica.
Per il Collegio si tratta, in definitiva, di una normativa derogatoria del divieto di assicurazione stabilito dall’art. 3, comma 59, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Al di là del definito e circoscritto ambito di copertura dell’assicurazione professionale e della relativa polizza, del resto, non vi sarebbe realisticamente margine per configurare, quale effetto della imperizia professionale del verificatore, “danni” o “sinistri” nei riguardi di ipotetici terzi, diversi dalla stazione appaltante, ed estranei al progetto, come all’opera da realizzare.
Pur aderendo alla ricostruzione giuridica teorica espressa in precedenti arresti della Corte e, anche di questa Sezione (cfr. Sez. reg. contr. Lombardia n. 665/2011/PAR; Sez. reg. contr. Sardegna, n. 6/2021/PAR), va detto, infatti, che se l’assicurazione mira a trasferire nella sfera patrimoniale dell’assicuratore l’alea economica connessa al danno causato dal dipendente nell’esercizio dell’attività professionale di progettazione o di verifica del progetto, occorre primariamente capire in quale modo tale attività può effettivamente danneggiare terzi diversi dalla pubblica amministrazione-stazione appaltante, alla quale si estenderebbe la responsabilità civile derivante dagli atti compiuti dai propri funzionari in violazione di diritti (art. 28 Cost.; art. 22 d.p.r. n. 3/1957).
La traslazione del peso economico del danno sulla compagnia assicuratrice presuppone un rischio concreto che, nel caso di danno a terzi, allo stato la normativa in esame non sembrerebbe contemplato e, conseguentemente, mancherebbe un interesse della stazione appaltante alla stipula di simili coperture assicurative.
Peraltro, nella prospettiva futura, è proprio il Legislatore a guardare con favore all’assicurazione con oneri a carico dell’amministrazione pubblica contro il danno erariale – anche indiretto piuttosto che verso terzi- commesso con colpa grave, prevedendola nel già citato d.d.l. di riforma della Corte dei conti (art. 1, comma 1-novies), sia pure limitatamente ai soli dirigenti pubblici e, quindi, nei confronti di soggetti la cui attività professionale non implica affatto la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà nei termini di cui all’art. 2236 c.c., ma che comunque considera gravati – psicologicamente, più che concretamente – dal rischio derivante dall’espressione della volontà dell’amministrazione attraverso la firma di atti.
Così contestualizzato e considerato, il quadro normativo positivo delineato dal d.lgs. 36/2023 si pone in linea di sostanziale continuità con la disciplina dei previgenti codici dei contratti pubblici, i quali, introducendo un’eccezione alla regola generale della responsabilità diretta del lavoratore pubblico portata dall’art. 28 della Costituzione, hanno specificamente definito un presidio funzionale alla partecipazione del personale dipendente delle stazioni appaltanti alle attività concernenti la progettazione delle opere pubbliche. Tale tutela, rientrante tra le forme tipiche di incentivazione dell’attività svolta dal personale tecnico interno, allo stato attuale, non si estende alla responsabilità civile per danni a terzi se non per quanto attiene alle conseguenze risarcitorie del danno erariale indiretto ed al diritto di rivalsa dell’amministrazione pubblica sul proprio dipendente che l’ha determinato.
La ratio di garanzia e incentivazione del personale pubblico sottesa alla legislazione in commento – ispirata al perseguimento delle finalità di riduzione della spesa pubblica sostenuta per la remunerazione di incarichi a professionisti esterni, e dell’accrescimento professionale delle risorse umane interne alle amministrazioni – consente, infatti, di ritenere che solo le polizze assicurative della responsabilità professionale, ma non evidentemente quelle per responsabilità civile per danni a terzi, possano costituire idonei strumenti di tutela per i dipendenti interessati, proteggendo questi ultimi non da qualsivoglia rischio della vita lavorativa, ma da quello direttamente ed immediatamente derivante dall’esercizio della propria attività professionale, quale che sia il grado della colpa connotante la relativa condotta (elemento quest’ultimo, che né la disciplina codicistica del contratto di assicurazione, né la normativa pubblicistica in commento, prendono in considerazione, ma che discente dalla combinazione con il regime previsto dall’art. 2236 c.c.).
Trattandosi, infatti, di copertura di un rischio professionale che si realizza solo nelle ipotesi di colpa grave, l’assicurazione prevista dalle norme del d.lgs. n. 36/2023 fornisce una protezione che comprende le condotte connotate da colpa lieve.
L’assicurazione, in ogni caso, dovrà tener conto dei rigorosi parametri stabiliti dalla legge e dai regolamenti, restando naturalmente esclusa la copertura dei danni derivanti da fatti dolosi (art. 1900 c.c.).