Con la sentenza n. 19199/2022, la Corte di Cassazione ha affermato che l’annullamento della delibera tariffaria da parte del giudice amministrativo non determina il venir meno della pretesa tributaria ma comporta l’applicazione da parte del giudice tributario delle tariffe in vigore nell’anno precedente.
Nel caso di specie, una Società impugnava avvisi di accertamento TARSU relativi agli anni dal 2006 al 2011; il Consiglio di Stato, nelle more del giudizio tributario, aveva annullato le delibere tariffarie riguardanti le annualità 2008 e 2009: ne consegue che la tariffa applicata per il biennio oggetto di annullamento da parte del giudice non può ritenersi legittima. Il giudice tributario ha dunque l’obbligo di disapplicare la delibera individuando e applicando la disciplina tariffaria che regola il rapporto tributario dal momento che l’annullamento delle delibere tariffarie non esonera il contribuente dal versamento del tributo dovuto.
La Corte ha infatti rilevato quanto segue: “Se il regime tariffario viene annullato dal giudice amministrativo, il giudice tributario, preso atto dell’effetto vincolante della decisione, non può limitarsi al mero annullamento dell’avviso ma deve individuare ed applicare la disciplina tariffaria che regola il rapporto tributario, atteso che il contribuente non è liberato dall’obbligo di pagamento per il servizio di raccolta dei rifiuti, continuando invece a trovare applicazione, ai sensi dell’art. 69, comma primo, ultimo periodo, del d. lgs. n. 507 cit., la tariffa precedentemente vigente (Cass. n. 8870 del 14/04/2010; Cass. n. 2199 del 31/01/2011)”.
La Cassazione richiama l’art. 69 del D. Lgs. 507/1993 che disponeva in tema di TARSU l’applicazione delle tariffe in vigore nell’anno precedente in caso di mancata deliberazione delle nuove tariffe entro i termini stabiliti dalla normativa.
Sul tema si evidenzia però che la normativa vigente prevede che le tariffe TARI siano determinate annualmente in conformità al Piano finanziario al fine di garantire l’integrale copertura dei costi del servizio. L’applicazione delle tariffe in vigore nell’anno precedente, approvate sulla base di costi del servizio riferiti ad una diversa annualità, potrebbe quindi comportare un disequilibrio tra entrate e costi effettivamente sostenuti.
A parere di chi scrive dunque, quanto rilevato dalla Cassazione non può costituire un principio ordinario applicabile in tutti i casi in cui il Comune non approvi le tariffe entro i termini stabiliti dalla normativa, ma una eccezione che si rende necessaria nell’eventualità in cui il Comune, come nel caso di specie, è obbligato a disapplicare le tariffe approvate per l’anno di riferimento. Solo in quest’ultimo caso, anche in ambito TARI trova dunque applicazione quanto disciplinato dall’art. 1 comma 169 del D. Lgs. 296/2006: “[…] In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno”.