In data 18 gennaio l’ANCI con una lettera indirizzata al ministero dell’Ambiente e al ministero dell’Economia e delle Finanze ha invitato gli stessi a fare chiarezza su alcune questioni rimaste in sospeso a seguito dell’entrata in vigore dal 1° gennaio 2021 della nuova disciplina sui rifiuti assimilati ex D. Lgs. 116/2020.
In particolare, i temi per cui si chiede un intervento urgente riguardano:
a) il mantenimento della “quota fissa” Tari per tutte le utenze;
b) precisazione dei locali ove si producono rifiuti “urbani” per tutte le categorie di utenza ed in particolare nella categoria 20 (attività industriali);
c) fissazione di una quantità massima di rifiuti urbani conferibili al sistema pubblico, a seguito della eliminazione della potestà comunale di assimilazione, e comunque la possibilità per i Comuni di prevedere, per via regolamentare, vincoli di carattere gestionale-organizzativo, con riferimento, ad esempio, alla dotazione dei contenitori di raccolta o alla frequenza dei ritiri.
Tutte e tre le questioni ad avviso di chi scrive potrebbero essere risolte proprio utilizzando l’autonomia regolamentare concessa ai Comuni sia per quanto concerne la disciplina del servizio di igiene urbana, sia per quanto concerne la tariffazione dello stesso. Pur ammettendo, soprattutto sotto l’aspetto tributario, una effettiva carenza di raccordo, da noi già evidenziata nell’Approfondimento n. 21 del 2020, occorre rilevare che la scarsa chiarezza o addirittura il silenzio normativi, possano aprire la strada ad una regolamentazione comunale confacente alle necessità dell’ente.
Le questioni sono state analizzate nel nuovo approfondimento n. 3/2021 che pubblichiamo in data odierna.
Sinteticamente, in relazione a quanto evidenziato da ANCI nell’allegato tecnico, il mantenimento della quota fissa della tariffa è indicato dalla norma quando la stessa dispone: “Le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all’articolo 183 comma 1, lettera b-ter) punto 2, che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti”. Si ritiene dunque che possa essere ampiamente legittima una imposizione della sola quota fissa a tali utenze.
Sulla questione delle attività industriali entra in gioco il complesso discorso relativo allo “spacchettamento” dell’utenza in diverse categorie: su questo esistono due scuole di pensiero (entrambe ammesse dal MEF in modo esplicito): la prima prevede che ciascuna utenza debba essere collegata ad una ed una sola categoria TARI, mentre la seconda ammette una suddivisione delle superfici su più categorie (es. l’utenza di un’attività industriale potrà essere scomposta in base all’effettivo utilizzo degli spazi, nelle diverse categorie industria, ufficio, mensa, etc.). Questa seconda lettura, alla luce della modifica normativa intervenuta, risulta più equa al fine di sottoporre a tassazione quantomeno le superfici ove non si producono rifiuti speciali. In ogni caso la scelta sulla sottoposizione a tassazione delle varie utenze spetta al Regolamento TARI che dovrà essere eventualmente integrato per chiarire questi aspetti.
Risulta certamente più determinante il terzo punto, relativo al rischio elevato (anche questo già evidenziato nell’approfondimento n. 21/2020) di conferimenti da parte delle utenze non domestiche di quantità di rifiuti eccessive per la gestione da parte del servizio pubblico. L’eliminazione della facoltà di disciplinare un’assimilazione per quantità pone gli enti nella condizione di dover scongiurare la gestione di quantitativi troppo elevati che il servizio pubblico faticherebbe a ritirare. Sul punto in effetti pare evidente la svista normativa che dovrà essere certamente sistemata quanto prima e bene ha fatto ANCI a sollecitare un intervento in materia. Si ritiene tuttavia che mediante modifica al regolamento di Igiene Urbana i singoli Comuni possano disciplinare limiti alla gestione dei quantitativi di rifiuti conferibili, onde evitare di mettere in crisi il sistema integrato dei rifiuti, sottoponendo lo stesso a prestazioni (e costi) difficilmente sostenibili anche dalla collettività. Nelle more di un intervento normativo si suggerisce di intervenire a livello regolamentare su TARI proporzionando l’eccedenza prodotta dalle utenze non domestiche e non gestibili dal pubblico servizio, mediante l’introduzione di una riduzione proporzionale che consenta alle stesse di evitare il pagamento totale per un servizio di cui si può usufruire solo parzialmente.