Con la sentenza n. 60/2023, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 della legge della Regione Sardegna 11 aprile 2022, n. 9 (Interventi vari in materia di enti locali della Sardegna. Modifiche alla legge regionale n. 4 del 2012 e alla legge regionale n. 3 del 2009).
La prima delle due disposizioni censurate dalla Consulta prevedeva una deroga all’articolo 51, comma 2, del testo unico degli enti locali, consentendo quattro mandati consecutivi ai sindaci dei comuni con popolazione fino a tremila abitanti e tre mandati consecutivi a quelli dei comuni con popolazione fino a cinquemila abitanti.
I Giudici, infatti, nel ribadire che la competenza legislativa attribuita dallo Statuto speciale alla Regione nella materia “ordinamento degli enti locali” va esercitata in armonia con la Costituzione e, in particolare, con il principio previsto all’articolo 51 della Costituzione, hanno evidenziato che la previsione del numero massimo dei mandati elettivi consecutivi dei sindaci, introdotta come ponderato contraltare alla loro elezione diretta, serve a garantire vari diritti e principi di rango costituzionale: «la par condicio effettiva tra i candidati, la libertà di voto dei singoli elettori e la genuinità complessiva della competizione elettorale, il fisiologico ricambio della classe politica e, in definitiva, la stessa democraticità degli enti locali»; motivo per il quale deve essere il legislatore statale, con disciplina uniforme per tutto il territorio nazionale (e quindi per tutti i Comuni), a stabilire, per i sindaci, il numero massimo di mandati elettivi consecutivi.
La seconda disposizione bocciata dalla Corte Costituzionale, invece, prevedeva una deroga alle ordinarie modalità di accesso all’Albo dei Segretari comunali e provinciali, permettendone l’iscrizione a tutti gli istruttori direttivi e i funzionari di ruolo dei comuni e delle province della Sardegna, in possesso dei requisiti necessari per la partecipazione alla selezione per segretari comunali, che abbiano svolto l’incarico di vicesegretari.
Secondo la Consulta la disposizione in esame viola, in primo luogo, il principio del pubblico concorso. La disposizione impugnata, infatti, consente l’iscrizione alla sezione regionale dell’albo dei segretari comunali e provinciali degli istruttori direttivi e dei funzionari di ruolo dei comuni e delle province della Sardegna al solo ricorrere delle condizioni del possesso del titolo di studio della laurea in giurisprudenza o economia e commercio o scienze politiche e, in virtù dello svolgimento, anche pregresso, alla data di entrata in vigore della legge, dell’incarico di vicesegretario.
L’iscrizione è quindi consentita in assenza della dovuta procedura concorsuale, strumento necessario per garantire l’imparzialità, il buon andamento della pubblica amministrazione (sentenze n. 227 e n. 195 del 2021, n. 199 e n. 36 del 2020, e n. 225 del 2010) e l’accesso in condizioni di eguaglianza ai pubblici uffici (sentenze n. 250 e n. 227 del 2021, e n. 293 del 2009).
Ma la citata disposizione viola, poi, anche il principio dell’accesso in condizione di eguaglianza agli uffici pubblici, di cui agli artt. 3 e 51 Cost. Ciò, a causa della «irragionevole sottoposizione alla medesima disciplina di “possessori di titoli abilitativi di valenza oggettivamente diversa”» (sentenza n. 95 del 2021), dal momento che nella sezione regionale dell’albo per segretari comunali e provinciali sono iscritti, sia i soggetti che hanno superato il corso concorso nazionale, sia – per effetto proprio della disposizione impugnata – gli istruttori direttivi e i funzionari di ruolo dei comuni e delle province della Sardegna che quel concorso non hanno superato.