L’attuale disciplina sui sindaci delle Città metropolitane è in contrasto con il principio di uguaglianza del voto e pregiudica la responsabilità politica del vertice dell’ente nei confronti degli elettori. Spetta però al Legislatore, e non alla Corte costituzionale, introdurre norme che assicurino ai cittadini la possibilità di eleggere, in via diretta o indiretta, i sindaci delle Città metropolitane.
È quanto si legge nella sentenza n. 240 depositata oggi (redattore Stefano Petitti) con cui la Corte costituzionale si è pronunciata sulla riforma degli enti di area vasta varata nel 2014 con la legge Delrio, e sulle corrispondenti norme della Regione Siciliana, secondo cui il sindaco delle Città metropolitane non è una carica elettiva poiché si identifica automaticamente con il sindaco del Comune capoluogo, a differenza del presidente della Provincia, eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali del territorio.
Le questioni sollevate dalla Corte d’appello di Catania sono state dichiarate inammissibili perché richiedevano un intervento di sistema, di competenza del Legislatore. La Corte costituzionale ha tuttavia evidenziato come la normativa attualmente vigente «non sia in sintonia con le coordinate ricavabili dal testo costituzionale» circa l’uguaglianza del voto dei cittadini e la responsabilità politica del vertice della Città metropolitana. La necessità di un riassetto normativo del settore, si legge nella sentenza, è dovuta anche al fatto che la mancata abolizione delle Province, a seguito del fallimento del referendum costituzionale del 2016, ha reso «del tutto ingiustificato» il trattamento attualmente riservato agli elettori residenti nella Città metropolitana.