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Ristoro incremento indennità di funzione degli amministratori locali: possibili compensazioni interne tra le diverse categorie di amministratori

A pochi giorni dalla scadenza del termine per la presentazione del certificato sull’impiego del contributo per l’anno 2022 (fissato il 15 maggio 2023), il Ministero dell’Interno ha fornito alcuni importanti chiarimenti sulle modalità di utilizzo del contributo a concorso del maggior onere sostenuto dai comuni delle regioni a statuto ordinario per la corresponsione dell’incremento delle indennità di funzione dei sindaci e degli amministratori locali di cui all’articolo 1, commi 583 e seguenti, della legge 30 dicembre 2021, n.234.

Riportiamo di seguito le risposte fornite dal Ministero alle più frequenti richieste di chiarimenti pervenute in materia.

QUESITO 1: il Comune, che rientra nella fascia demografica da 5.001 a 10.000 abitanti, nell’anno 2021 ha attribuito agli amministratori le maggiorazioni previste dal DM 119/2000 (per incidenza entrate proprie e spesa corrente pro-capite). Posto che tali maggiorazioni non possono più essere riconosciute, in quanto assorbite dagli aumenti previsti dalla nuova disciplina introdotta dalla legge n. 234/2021, si chiede se, per il calcolo della quota di contributo utilizzata, debba essere utilizzata la spesa teorica 2021 ex DM 119/2000 o la spesa effettivamente corrisposta, comprensiva delle maggiorazioni riconosciute. In corso d’esercizio 2022 gli atti dell’ente, in merito alla quantificazione della quota di contributo da restituire, sono stati assunti sulla base della prima interpretazione (spesa teorica 2021) ritenendo:
– che la nuova disciplina sia sostitutiva della precedente e che pertanto gli importi ex DM 119/2000 corrispondano alla base di partenza del calcolo;
– che sarebbe ingiustamente penalizzante per il comune non riconoscere l’utilizzo del contributo statale a copertura del differenziale tra le indennità 2021 e 2022 anche se in parte corrispondente alle maggiorazioni già attribuite dall’ente.
Al riguardo si chiede un parere circa la correttezza dell’operato dell’ente.

PARERE: La Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, con deliberazione n. 153/2022/PAR del 20 ottobre 2022 in materia di incremento dell’indennità di funzione del sindaco ai sensi dei commi 583-586 dell’art. 1 della legge n. 234 del 30.12.2021 ha espresso il seguente parere:
L’incremento dell’indennità di funzione del Sindaco, per gli anni 2022 e 2023, nelle misure indicate dal comma 584 dell’art. 1 della Legge n. 234 del 301.12.2021, deve avvenire prendendo come riferimento l’importo dell’indennità di funzione ridotta del 10% in ossequio all’art.1, comma 54, della legge finanziaria n. 266/2005”, evidenziando il “carattere strutturale”, e non meramente transitorio o eccezionale, delle riduzioni previste dalla richiamata norma della Legge Finanziaria 2006, riduzioni che, pertanto, non possono ritenersi inficiate dalla novella normativa recata dalle previsioni di cui all’art. 1, commi 583-585, citati.
Successivamente, la medesima Sezione, nel rilasciare il parere n. 203/2022/PAR su un articolato quesito avente ad oggetto “Nuove indennità amministratori locali”, formulato dal Sindaco del Comune di Gazzaniga (BG) – il quale, tra l’altro, chiedeva “se, sull’importo ricalcolato in aumento degli amministratori siano ancora applicabili le maggiorazioni di cui all’art. 2 del D.M.119/2000” ritenendo detta norma non abrogata – nel prendere le mosse dalla precedente deliberazione, ha richiamato brevemente i passaggi più significativi del quadro normativo di riferimento ,“rappresentato, innanzitutto dall’art. 82 del TUEL che, nel demandare ad una fonte regolamentare ai sensi dell’articolo 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, la determinazione della misura delle indennità di funzione, ha fissato tra i criteri da rispettare l’“articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell’ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell’ammontare del bilancio di parte corrente” (comma 8, lett. b).
Il decreto di attuazione, adottato con D.M. del 4 aprile 2000, n. 119” – evidenzia la Corte – “ha individuato una griglia di compensi tabellari differenziati prevalentemente in ragione delle dimensioni demografiche degli enti, articolati in una componente di base fissa ed in una maggiorazione eventuale da corrispondere al ricorrere di determinati presupposti, quali quelli elencati dall’art. 2 che attengono rispettivamente alla stagionalità demografica (lett. a) e alla virtuosità risultante dall’ultimo conto del bilancio approvato dall’ente, con riferimento sia alle entrate proprie (lett. b), sia alla spesa corrente (lett. c). Tali maggiorazioni sono state pertanto positivamente ancorate al meccanismo di calcolo della componente fissa delle indennità in commento, come previsto dalle tabelle allegate allo stesso d.m. n. 119/2000.
Le stesse pertanto sostanziano, unitamente alla componente fissa, la misura base del compenso sulla quale operare la rideterminazione in riduzione del 10% dell’indennità di funzione ex art. 1 comma 54 Legge finanziaria 2006 rispondente all’ineludibile esigenza di contenimento della spesa pubblica.
L’importo che ne risulta costituisce la pregressa indennità di funzione attribuita rispetto al nuovo quantum da calcolare alla luce della sopravvenuta normativa in materia di indennità dei sindaci di cui all’art. 1, commi da 583 a 586 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, che prevede il diverso parametro del trattamento economico complessivo dei presidenti delle regioni secondo le percentuali determinate in relazione alla popolazione risultante dall’ultimo censimento ufficiale
”.
Per quanto qui più rileva, la Corte evidenzia che “tale pregressa indennità assume valenza in sede di calcolo del differenziale incrementale rispetto al nuovo importo previsto a regime a decorrere dall’anno 2024 sulla cui base operare gli adeguamenti percentuali disposti dal comma 584 dell’art. 1, citato, nella fase di regime transitorio (45% e 68% rispettivamente negli anni 2022 e 2023)”.
Ne consegue che l’utilizzo del contributo statale non può coprire (o meglio finanziare) le citate maggiorazioni ex art. 2, lett. a), b) e c) già attribuite dall’ente. La parte di contributo corrispondente a tali maggiorazioni andrà quindi restituita.
Per completezza di trattazione si riporta integralmente il parere espresso dalla Corte sul quesito sopra richiamato: “Le maggiorazioni previste dall’art. 2 del D.M. 4 aprile 2000, n. 119 sostanziano, unitamente alla componente fissa, la misura base del compenso sulla quale operare la rideterminazione in riduzione del 10% dell’indennità di funzione ex art. 1 comma 54 Legge finanziaria 2006. Le stesse, pertanto, non trovano applicazione nella nuova disciplina dettata dalla legge di bilancio 2022”.
Pertanto è di tutta evidenza che sui nuovi importi previsti dalla legge di bilancio 2022 non è più possibile applicare le specifiche maggiorazioni di cui all’articolo 2 del citato DM.

QUESITO 2: i nostri comuni sono tutti al disotto dei 15.000 abitanti, e pertanto non esiste la figura del Presidente del consiglio comunale distinta dal Sindaco. Ciò nonostante, con il DM del 30 maggio 2022 (vedasi l’Allegato B “Piano di riparto dell’incremento del fondo per le indennità dei sindaci …”) è stata assegnato uno specifico importo anche per il Presidente del consiglio comunale: tale importo va corrisposto al Sindaco in quanto, ai sensi dell’art. 39, c. 3, del TUEL “nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti il consiglio è presieduto dal sindaco che provvede anche alla convocazione del consiglio” oppure va restituito?

PARERE: L’art. 39 del TUEL dispone:
– al comma 1 che “I consigli provinciali e i consigli comunali dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti sono presieduti da un presidente eletto tra i consiglieri nella prima seduta del consiglio. Al presidente del consiglio sono attribuiti, tra gli altri, i poteri di convocazione e direzione dei lavori e delle attività del Consiglio. (…) Nei comuni con popolazione sino a 15.00 abitanti lo statuto può prevedere la figura del presidente del consiglio.
– al comma 3 che “Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000abitanti il consiglio è presieduto dal sindaco, che provvede anche alla convocazione del consiglio salvo differente previsione statutaria.
Tale norma prevede quindi che, se per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti è obbligatoriamente prevista la figura del presidente del consiglio, quelli con popolazione sino a 15.000 hanno soltanto la facoltà di istituire tale figura mediante un’apposita scelta statutaria.
Recependo le indicazioni riportate nella relazione illustrativa allegata al disegno di legge di bilancio per il 2022, le risorse sono state ripartite tenendo conto anche della eventuale istituzione della figura del presidente del consiglio comunale negli enti sino a 15.000 abitanti, assegnando comunque un importo pro quota destinato a coprire l’eventuale maggiore onere conseguente all’eventuale opzione statutaria.
Ne deriva che qualora tali comuni non abbiano effettuato la specifica opzione statutaria prevista dall’ultimo capoverso del citato comma 1, l’importo dovrà essere restituito in accordo a quanto statuito dall’articolo 3 del D.M. 30.5.2022.
Né, d’altra parte, il contributo non utilizzato potrà essere versato in favore del sindaco, che nei suddetti comuni esercita le funzioni del presidente del consiglio comunale ai sensi del menzionato comma 3 ed in assenza di opzione statutaria, stante il divieto di cumulo delle indennità previsto dall’articolo 82, comma 5, del T.U.E.L.

QUESITO 3: Nel nostro Comune, che ha poco meno di 3.000 abitanti, la Giunta risulta attualmente composta di 5 membri (e non da tre): sindaco, vicesindaco e n. 3 assessori. Con determinazione del Responsabile, le indennità degli amministratori sono state fissate nel 2017 con applicazione del principio di invarianza della spesa, come stabilito all’art. 1, commi 135 e 136, della legge n. 56del 2014.
A seguito dell’entrata in vigore della legge n. 234 del 2021 sono state rideterminate le indennità di Sindaco, Vicesindaco e Assessori in base a quanto stabilito dalla norma per i comuni con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti, senza applicazione del principio di invarianza della spesa in quanto ritenuto superato.
Dall’allegato B al DM 30 maggio 2022 risulta che al Comune è stato assegnato per l’anno 2022 un contributo per l’incremento dell’indennità degli assessori corrispondente alla cifra dell’aumento per un solo assessore (e non per i 3 attualmente in carica).
Chiediamo pertanto il vostro orientamento sui seguenti quesiti:
• il citato principio di invarianza della spesa stabilito dalla legge “Delrio” trova applicazione anche dopo l’entrata in vigore della legge 234/2021?
• la maggior spesa per gli assessori rimane a carico del bilancio del Comune o può essere compensata con il maggior trasferimento ministeriale per il Sindaco (lavoratore dipendente non in aspettativa) e per il presidente del Consiglio (non presente in questo Ente)?

PARERE: L’art. 1, comma 135, della legge n. 56 del 2014 (c.d. legge Delrio) dispone quanto segue: “All’articolo 16, comma 17, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti:
«a) per i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, il consiglio comunale è composto, oltre che dal sindaco, da dieci consiglieri e il numero massimo degli assessori è stabilito in due;
b) per i comuni con popolazione superiore a 3.000 e fino a 10.000 abitanti, il consiglio comunale è composto, oltre che dal sindaco, da dodici consiglieri e il numero massimo di assessori è stabilito in quattro»;
b) le lettere c) e d) sono abrogate
”.
Il successivo comma 136 prevede che “I comuni interessati dalla disposizione di cui al comma 135 provvedono, prima di applicarla, a rideterminare con propri atti gli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori locali, di cui al titolo III, capo IV, della parte prima del testo unico, al fine di assicurare l’invarianza della relativa spesa in rapporto alla legislazione vigente, previa specifica attestazione del collegio dei revisori dei conti. Ai fini del rispetto dell’invarianza di spesa, sono esclusi dal computo degli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori quelli relativi ai permessi retribuiti, agli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi di cui agli articoli 80 e 86 del testo unico.
In proposito si ritiene che il principio dell’invarianza della spesa, recato del citato comma 136, sia tutt’ora vigente in quanto non abrogato da alcuna successiva norma.
Ed infatti nella “Tabella 2 –Indennità amministratori”, contenuta nella “Relazione illustrativa, tecnica e allegato conoscitivo” alla legge di bilancio 2022, il calcolo del concorso finanziario a carico del bilancio dello Stato conseguente all’adeguamento delle indennità di sindaci e amministratori locali di cui all’art. 1, commi 583 e segg., della legge n. 234 del 2021,è effettuato considerando un numero di assessori pari ad 1 per i comuni fino a 3.000 abitanti, a 2 per i comuni da 1.001 a 3.000 ab. e a 3 per quelli da 5.001 a 10.000 abitanti e non certo il numero massimo di assessori previsto per tali enti dal comma 135 della legge Delrio.
Analogamente, nell’allegato B al DM 30 maggio 2022 il calcolo dell’incremento dell’indennità degli assessori nei citati comuni viene svolto con il numero di assessori sopra indicato.
Quindi proprio in applicazione del principio di invarianza della spesa l’aumento del numero degli assessori reso possibile dalla citata legge n. 56 del 2014 non è stato considerato né in sede quantificazione del concorso finanziario dello Stato alla copertura del maggior onere recato dai commi 583 e segg., né in sede di riparto del fondo di cui all’articolo 57-quater, comma 2, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124.
Di conseguenza il maggiore onere per l’aggiornamento delle indennità agli ulteriori assessori rimane a carico del bilancio comunale.
Con il secondo quesito si chiede tuttavia se eventualmente tale maggiore onere possa essere in parte compensato con quote del contributo statale rimaste inutilizzate per l’assenza della figura del Presidente del consiglio comunale o per il fatto che il Sindaco, in quanto lavoratore dipendente non in aspettativa, è destinatario di un’indennità (e quindi di un contributo) ridotta al 50%.
Escluso tassativamente, per quanto rappresentato nel quesito precedente, l’utilizzo a tale fine della quota non spesa del contributo di pertinenza del Presidente del consiglio comunale in assenza di tale figura, in merito alla seconda ipotesi si ritiene in via generale che sia possibile operare compensazioni tra la maggiore spesa per l’aggiornamento dell’indennità relativa ad una certa categoria di amministratore locale con quote di contributo statale inutilizzate (ad es. perché il Sindaco è lavoratore dipendente non in aspettativa o per l’assenza temporanea di una certa figura di amministratore) a condizione che non siano superate le misure incrementali e le percentuali indicate ai citati commi 583 (per le indennità dei sindaci in relazione alla popolazione dell’ente), 584 (adeguamenti annui) e 585 (per le indennità degli altri amministratori).
Tali compensazioni sono ritenute ammissibili, entro i limiti suindicati, in quanto le assegnazioni ricevute da ciascun ente per le diverse categorie di amministratori sono leggermente inferiori all’effettivo fabbisogno per la relativa insufficienza del fondo (dotazione di 100 mln di euro per l’anno 2022 a fronte di un fabbisogno complessivo di 100,365 mln) giustificando così il recupero di eventuali “risparmi” su una certa indennità a ristoro della porzione di spesa non coperta da contributo per un’altra.
Nell’eventualità di parziali compensazioni a favore delle indennità degli assessori nei comuni fino a 10.000 abitanti, il principio dell’invarianza della spesa è comunque assicurato dalla modalità di assegnazione del relativo contributo sopra descritto.

QUESITO 4: la norma prevede che “Fino al 31 dicembre 2023, le risorse ripartite ai sensi dell’articolo 1, commi 586 e 587, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, sono riconosciute ai comuni beneficiari anche nel caso in cui gli stessi abbiano adottato specifiche deliberazioni di rinuncia, parziale o totale, alla misura massima dell’indennità di funzione prevista dalla normativa al tempo vigente, a condizione che le predette risorse siano state utilizzate per tali finalità”.
Si ritiene che tale novella normativa comporti che l’amministrazione comunale non possa incrementare le vigenti misure delle indennità di funzione, risalenti al 2006 ed inferiori a quelle fissate dal DM 119/2000, per la sola parte coperta dal contributo statale, in quanto non sarebbe rispettata la condizione fissata nella parte finale del comma, atteso che le nuove misure, seppur incrementate con il contributo statale, rimarrebbero inferiori a quelle fissate dal DM 119/2000.

PARERE: La disposizione, di natura integrativa, introdotta dall’art. 1, comma 20-ter, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14, consente ai comuni di utilizzare il contributo quale concorso al maggior onere derivante dalle nuove indennità degli amministratori, anche nel caso in cui gli enti abbiano adottato – prima dell’entrata in vigore della nuova normativa – specifiche deliberazioni di rinunzia, parziale o totale, delle misure di tali indennità in precedenza previste dal DM 119del 2000. Tale possibilità è prevista fino al 31 dicembre 2023, a condizione che il predetto contributo dello Stato sia utilizzato unicamente per l’incremento delle indennità di funzione degli amministratori, anche se con base di partenza ridotta, e non per altri scopi.