ARERA ha pubblicato sul proprio sito internet la deliberazione n. 15/2022/R/Rif con la quale viene introdotto il Testo unico per la regolazione della qualità del servizio di gestione dei rifiuti urbani, ovvero di ciascuno dei singoli servizi che lo compongono (TQRIF). Con le nuove disposizioni l’Autorità fissa una serie di obblighi di servizio e di standard di qualità da rispettare a cura di tutti gli operatori del settore rifiuti; vengono individuati quattro schemi regolatori a seconda del livello qualitativo perseguito (che va da minimo a intermedio ad avanzato) e per ciascuno sono determinati diversi standard qualitativi da garantire a partire dal 1° gennaio 2023.
L’anno in corso si connota dunque come periodo di adeguamento che tutti i gestori dovranno utilizzare per introdurre tutte le modifiche necessarie ad adempiere agli obblighi previsti dall’Autorità. Sulle date però qualcosa non torna: nella delibera è stata confermata «la data del 31 marzo 2022 quale termine ultimo per l’individuazione da parte dell’Ente territorialmente competente dello schema regolatorio di riferimento, al fine di consentire la corretta valorizzazione dei costi previsionali eventualmente connessi all’implementazione del TQRIF nel Piano Economico Finanziario 2022-2025 e la sostenibilità economico finanziaria degli eventuali interventi di riorganizzazione dei servizi necessari per ottemperare ai nuovi obblighi dall’anno 2023».
La scelta lascia decisamente perplessi: come rileva la stessa Autorità, nel corso del 2022 sarà necessario sostenere costi per gli adeguamenti, che dovranno essere indicati all’interno del Piano Finanziario TARI 2022-2025. Entro il 31 marzo prossimo, l’Ente Territorialmente Competente dovrà infatti comunicare a tutti gli operatori il posizionamento della gestione nello schema regolatorio prescelto tra quelli citati sopra (all’articolo 3.1 dell’Allegato A alla suddetta delibera).
L’attività programmatoria (e quindi la predisposizione del piano finanziario) non può certamente avvenire entro il 31 marzo 2022, se l’ETC è chiamato a esprimersi entro la stessa data sulla scelta degli standard. Qualsiasi schema regolatorio (tra i 4 previsti dall’Autorità) comporterà con ogni probabilità costi aggiuntivi da valutare ed esporre nel PEF, facendo in modo che i Comuni, applicando la TARI, possano introitare dai propri contribuenti le somme necessarie alla copertura degli stessi.
Sarebbe quindi ragionevole che l’ETC si esprimesse tempestivamente sullo schema prescelto, dando modo e tempo ai diversi gestori di valutare obblighi di servizio e standard migliorativi a cui gli stessi saranno soggetti. Soltanto a seguito di questa valutazione i gestori-società affidatarie ma anche Comuni – potranno esporre un piano finanziario completo e contestualmente contrattualizzare i maggiori costi da sostenere, per poter assicurare il rispetto degli standard minimi.
Se però non sarà concesso il tempo necessario, a seguito della scelta degli Enti Territorialmente Competenti, i costi non potranno trovare spazio nel PEF, rischiando di generare un ammanco nella TARI riscossa dai Comuni.
Questo articolo è stato pubblicato anche su “NT+ Enti Locali & Edilizia” de Il Sole 24 Ore