Sussiste la responsabilità erariale di coloro che, in qualità di membri della Delegazione trattante di parte pubblica, hanno partecipato alla stesura di un contratto decentrato che ha abusato dell’istituto delle progressioni economiche all’interno della categoria, avendo quest’ultimo consentito che il riconoscimento delle stesse avvenisse sulla base di condizioni macroscopicamente difformi rispetto a quelle previste dalla legge e dalla contrattazione collettiva nazionale. Nel caso di specie, infatti, le progressioni economiche orizzontali, anziché essere valido strumento utile alla realizzazione del massimo efficientamento della pubblica amministrazione, attraverso un sistema che assicurasse di premiare e selezionare i dipendenti migliori, erano diventate unicamente un mezzo per assicurare, a tutto il personale, progressivi incrementi stipendiali al più basati su criteri di anzianità, con conseguente danno per l’amministrazione di appartenenza.
In questo caso, tuttavia, il Collegio ha ritenuto di poter imputare alla Delegazione trattante di parte pubblica un’incidenza causale nella determinazione del danno non superiore al 30% del danno totale, stante la presenza di altri soggetti che hanno avuto un ruolo determinante nella formazione dei CCDI (sebbene non convenuti in giudizio dal Procuratore).
La sottoscrizione dei contratti collettivi decentrati, infatti, è preceduta da una sequenza di operazioni che vede coinvolti, a vario titolo, i diversi soggetti che si alternano nell’adempimento delle formalità necessarie alla definitiva stesura del CCDI.
Del resto, già in passato questa Corte, in fattispecie sovrapponibile, ha riconosciuto l’incidenza causale delle condotte di altri soggetti per gli eventuali danni derivanti dalla sottoscrizione di contratti collettivi decentrati e, così, ad esempio, è stata riconosciuta la responsabilità dei membri della Giunta (Corte conti Sicilia 157/2000) per aver autorizzato la sottoscrizione di un contratto decentrato che prevedeva indennità non dovute nonché quella delle rappresentanze sindacali che avevano partecipato all’accordo, decurtando la quota di responsabilità (Corte conti Lombardia 372/2006 – Corte conti Basilicata 123/2010).
La Corte ha peraltro anche rigettato la prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 21 decreto-legge n. 76 del 16 luglio 2020, evidenziando come la norma in questione abbia chiaramente natura sostanziale e non processuale, essendo finalizzata ad assicurare un giudizio meno rigido in caso di eventuale censura della condotta posta in essere innanzi alle Sezioni di questa Corte unicamente per le fattispecie realizzatesi nell’arco temporale di vigenza della norma.
Nessuna disparità di trattamento, tale da comportare una violazione di cui all’art. 3 Cost, sembra essere, quindi, stata realizzata dal legislatore dal momento che, l’ipotesi normativa sottoposta al vaglio del Collegio deve essere valutata, innanzi tutto, alla luce del principio di ragionevolezza in virtù del quale il legislatore deve trattare in modo uguale situazioni uguali ed in modo differente situazioni differenti (Corte Cost. 340/2004). I differenti parametri di giudizio, censurati dalla difesa, con i quali devono essere valutate le differenti fattispecie trovano la loro giustificazione nei diversi presupposti di fatto in cui i soggetti si trovano ad agire; così, quindi, mentre i convenuti nel presente giudizio hanno posto in essere la loro attività in periodi di ordinaria gestione della cosa pubblica, coloro che si troveranno ad essere eventualmente giudicati per le ipotesi di cui all’art. 21 decreto-legge n. 76/2020, saranno coloro che avranno agito nel ristretto arco di tempo delimitato dal legislatore durante il quale l’emergenza sociale ed economica del Paese e la prioritaria necessità di una rapida ripresa, ha momentaneamente assicurato un minor rigore di giudizio.
È quanto emerge dalla lettura della sentenza della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti della Toscana n. 288/2020.