Con la recente sentenza n. 157/2020, la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione siciliana ha evidenziato che la responsabilità amministrativa da contrattazione collettiva si configura ogniqualvolta a un dipendente pubblico vengano erogate somme di denaro o accordati altri benefici patrimoniali in forza di disposizioni del contratto integrativo decentrato contrarie a norme imperative di legge o a vincoli derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale.
In questi casi, per altro, l’azione del Pubblico ministero contabile non diviene improcedibile per effetto del recupero nel frattempo disposto dall’ente ai sensi dell’art. 4 del decreto legge n. 16 del 6 marzo 2014, convertito nella legge n. 68 del 2 maggio 2014 (in virtù del quale gli enti locali e le Regioni, che non hanno rispettato i vincoli finanziari posti alla contrattazione collettiva integrativa, sono obbligati a recuperare integralmente, a valere sulle risorse finanziarie a questa destinate, le somme indebitamente erogate mediante il graduale riassorbimento delle stesse, con quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui si è verificato il superamento di tali vincoli), considerato che: a)- alla luce del vigente sistema normativo il giudizio di responsabilità amministrativa non ha soltanto profili risarcitori ma ha anche profili sanzionatori, posto che tale responsabilità risponde alla finalità di determinare quanto del rischio dell’attività debba restare a carico dell’apparato e quanto a carico del dipendente e posto che l’azione di responsabilità non è intesa al mero ripristino dell’equilibrio patrimoniale ma tutela altresì l’esigenza che i mezzi finanziari pubblici siano utilizzati per il raggiungimento dei fini pubblici; b)- il diritto di natura risarcitoria che il Pubblico Ministero attiva con l’esercizio dell’azione di responsabilità non è identificabile né del tutto sovrapponibile con il diritto di credito che l’amministrazione danneggiata può direttamente ed autonomamente esercitare nei confronti dello stesso soggetto autore del fatto dannoso; c)- ai fini della configurazione del danno erariale non occorre che esso sia irreversibile, nel senso che non è necessario che il pregiudizio risulti non sanabile mediante il ricorso ad altri meccanismi satisfattori della pretesa creditoria; d)- il recupero ai sensi dell’art. 4 del decreto legge n. 16 del 6 marzo 2014 si risolve soltanto in un futuro risparmio di spesa conseguente alla riduzione del fondo per le risorse decentrate ma non comporta un effettivo incasso di somme in favore dell’ente locale, sicché non vi è un incremento patrimoniale tale da pareggiare l’illegittimo depauperamento derivante dal pagamento di emolumenti non dovuti; e)- il recupero ai sensi dell’art. 4 del decreto legge n. 16 del 6 marzo 2014 non determina l’obbligo della restituzione degli emolumenti indebiti da parte dei dipendenti ma comporta esclusivamente la riduzione complessiva del fondo per le risorse decentrate nei confronti di tutti gli attuali dipendenti, sicché coloro che sopportano gli effetti della decurtazione non coincidono con i beneficiari degli emolumenti, che potrebbero non essere più in servizio.
La sentenza afferma inoltre che il Sindaco e i componenti della Giunta comunale non possono invocare l’esimente politica allorché autorizzano la sottoscrizione di un contratto collettivo decentrato integrativo che preveda indennità in contrasto con la contrattazione collettiva nazionale o con i vincoli di legge, poiché gli organi politici non possono prescindere dalla doverosa conoscenza del minimale e inderogabile quadro normativo di riferimento che regolamenta le materie oggetto di deliberazione.
Da ultimo, i Giudici ricordano che in virtù dell’art. 40 bis del decreto legislativo n. 156 del 2001 e dell’art. 239 del d.lgs. n. 267 del 2000, l’organo di revisione dell’ente locale, allorché rende il parere obbligatorio su un’ipotesi di contratto collettivo decentrato integrativo, deve verificare la compatibilità della contrattazione collettiva integrativa non solo con i vincoli di bilancio della singola amministrazione ma anche con quelli derivanti dall’applicazione delle norme di legge e della contrattazione collettiva, con particolare attenzione per le disposizioni inderogabili che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori. Tra l’altro, conclude la sentenza, l’obbligo di diligenza in capo all’organo di revisione implica che l’esame di un’ipotesi di contratto collettivo non possa prescindere da una valutazione preliminare delle direttive per la contrattazione e degli atti richiamati dal medesimo contratto collettivo.