Nel rapporto di lavoro alle dipendenze di privati, l’attribuzione della qualifica superiore avviene nell’ambito dell’unico rapporto già costituito e non determina l’instaurazione di un rapporto autonomo, distinto dal precedente, sicché non può essere equiparata all’assunzione.
Alla luce del richiamato principio, applicabile alle società a partecipazione pubblica per la natura privatistica delle stesse e dei rapporti dalle medesime instaurati, è da escludere che la disciplina del reclutamento dettata dall’art. 19 del d.lgs. n. 175 del 2016 possa essere interpretata nel senso di ricomprendere anche le progressioni di carriera.
È quanto ha affermato la Sezione Lavoro della Cassazione nella sentenza n. 35421 del 1° dicembre 2022.
Per effetto delle pronunce della Corte Costituzionale sull’ambito di applicazione dell’art. 97, ultimo comma, Cost., si legge nella sentenza, un diverso orientamento è stato espresso quanto all’impiego pubblico contrattualizzato, in relazione al quale le Sezioni Unite di questa Corte hanno operato una distinzione fra le procedure finalizzate all’inquadramento dei dipendenti in aree funzionali o categorie più elevate e quelle comportanti una progressione all’interno di ciascuna area professionale o categoria, sia con l’acquisizione di posizioni più elevate meramente retributive, sia con il conferimento di un livello funzionale superiore, perché connotato da un complesso di mansioni e di responsabilità. Solo alle prime è stata riconosciuta efficacia novativa del rapporto, con la conseguenza che alle stesse, anche ai fini della giurisdizione, è stata attribuita la medesima natura delle procedure concorsuali finalizzate all’instaurazione del rapporto (cfr. fra le tante Cass. S.U. n. 26270/2016 e la giurisprudenza ivi richiamata).
L’equiparazione alla costituzione del rapporto di impiego del passaggio fra aree diverse, non si presta, però, ad avviso dei Giudici, ad essere applicata alle società controllate né può costituire un argomento per estendere all’assegnazione di fatto di mansioni superiori la nullità virtuale derivante dalla previsione dell’art. 18 del d.l. n. 112 del 2008 o quella testuale prevista dall’art. 19, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2016.
Quanto al primo aspetto va detto che la contrattazione collettiva applicabile ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle società controllate non è quella disciplinata dal d.lgs. n. 165 del 2001 che, in relazione alla classificazione del personale, tiene conto della distinzione fra area di inquadramento e livello o posizione economica all’interno dell’area.
D’altro canto, e questo argomento potrebbe essere assorbente rispetto ad ogni altra considerazione, l’orientamento che riconosce un’efficacia novativa al passaggio di area ha ragionato su rapporti di impiego pubblico che richiedono, nella normalità, il superamento di una procedura concorsuale in senso stretto, attuativa del precetto dell’art. 97 Cost., procedura alla quale la stessa Corte Costituzionale ha escluso che possa essere equiparata quella prevista dai richiamati artt. 18 del d.l. n. 112 del 2008 e 19 del d.lgs. n. 175 del 2016. In particolare, ha sottolineato la Corte che «con l’art. 18 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modifiche, e poi con il citato art. 19 del d.lgs. n. 175 del 2016, sono stati introdotti criteri di selezione ai fini delle assunzioni del personale in questione, ma è anche vero che non si è mutata la natura strettamente privatistica del rapporto, né si è imposta una procedura propriamente concorsuale. Rimane dunque fra questo personale e quello dipendente delle pubbliche amministrazioni una barriera tuttora insuperabile, che trova la sua giustificazione anzitutto sul piano delle scelte discrezionali compiute dal legislatore statale nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di ordinamento civile …» (Corte Cost. n. 227/2020).
In altri termini, fermo restando che le procedure di reclutamento imposte dalle disposizioni inderogabili più volte richiamate costituiscono formalità necessarie per l’instaurazione del rapporto alle dipendenze delle società controllate, rapporto del quale condizionano la validità, sulla previsione delle stesse non si può fare leva per ritenere derogata, in assenza di un’espressa previsione normativa, la disciplina delle mansioni del rapporto già costituito, sia perché alle società partecipate non possono essere estesi né l’art 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 né i principi affermati dalla Corte Costituzionale in tema di concorsi pubblici interni, sia in quanto la nullità virtuale ex art. 1418, comma 1, cod. civ., richiede che la norma proibitiva si riferisca al contratto o all’atto del quale si vuole porre in discussione la validità.
Non avvalora la tesi della nullità virtuale l’ipotizzare un uso distorto della disciplina delle mansioni per ottenere un risultato finale contrastante con i principi di imparzialità, trasparenza e pubblicità che stanno alla base della norma sul reclutamento. In quel caso, infatti, alla responsabilità civilistica ed erariale nei confronti della società e del socio pubblico dell’amministratore che detto uso distorto abbia realizzato, sul piano contrattuale si può affiancare, sempre che ne ricorrano i presupposti, il rimedio civilistico tratto dalla disciplina della frode alla legge, ravvisabile nei casi in cui nonostante la liceità del mezzo impiegato, sia illecito il risultato ottenuto.