Sono state pubblicate quest’oggi le linee guida per la Pubblica Amministrazione sulla parità di genere.
Le linee guida sono state elaborate in linea con i contenuti dell’articolo 5 del decreto-legge 36/2022 (“Pnrr 2”), su cui è arrivato il plauso della Commissione Ue, e riportano gli obiettivi prioritari che le amministrazioni devono perseguire nell’individuare misure che attribuiscano vantaggi specifici, evitino o compensino svantaggi nelle carriere al genere meno rappresentato, collocandoli nel contesto dei principi già acquisiti dall’Unione europea, nonché del quadro ordinamentale nazionale, normativo e programmatico.
L’impianto delle linee guida è volutamente aperto e modulabile sulla base delle diverse realtà che debbono confrontarsi con il tema. L’invito che si evince con chiarezza è puntare a obiettivi concreti e percorribili, lavorando con una nuova consapevolezza, identificando le criticità e affrontare gradualmente il rinnovamento di scelte organizzative e il ridisegno di processi di lavoro con un’attenzione costante all’equilibrio di genere.
Il documento di indirizzo elaborato dal Dipartimento della Funzione pubblica di concerto con il Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del consiglio dei ministri, si articola in due parti e un’appendice con il glossario dei principali termini riferiti al tema dell’equilibrio di genere.
La prima parte individua lo scenario di contesto – con specifico riferimento all’ambito della Pubblica amministrazione – in cui si inseriscono le azioni promosse, con lo scopo di capitalizzare esperienze pregresse e di individuare i punti di sinergia e i comuni obiettivi con gli interventi a livello globale, europeo e nazionale. La seconda parte si rivolge direttamente alle amministrazioni, in particolare agli uffici di vertice o a quelli incaricati della gestione delle risorse umane, ed entra nel merito delle azioni utili a migliorare la parità di genere nella Pubblica amministrazione.
Il cuore delle indicazioni contenute nelle linee-guida, che muove da alcune evidenze empiriche quali la misurazione di una presenza prevalentemente femminile nei ruoli impiegatizi della Pa che va, poi, assottigliandosi nelle posizioni apicali è costituito da una check-list che, nelle mani delle amministrazioni, deve ispirare le scelte in merito agli strumenti operativi che quotidianamente interessano la gestione del capitale umano in termini di accesso alle posizioni di maggiore responsabilità e di sviluppo dell’intera carriera lavorativa.
L’elencazione delle misure muove dalla necessità di conoscere e misurare il fenomeno dello squilibrio di genere nell’ambito di ciascuna organizzazione, adottando degli indicatori che diano evidenza, ad esempio, del ricorso analizzato “per genere” agli strumenti di flessibilità e di conciliazione vita-lavoro offerti dalle norme e dai contratti collettivi.
Altro punto di attenzione è quello legato alla pesatura delle esperienze nell’ambito delle opportunità di carriera, soprattutto dirigenziale. Nel testo si suggeriscono misure per evitare che, tra concorrenti di diverso sesso, possa determinarsi una discriminazione indiretta per effetto di periodi di assenza legati a fenomeni come la maternità.
Le linee guida operano anche sul piano della cultura organizzativa, prevedendo per esempio che l’amministrazione si organizzi per svolgere riunioni non oltre un certo orario, più facilmente confliggente con la necessità di gestire carichi familiari, e che si preveda comunque una modalità di svolgimento ibrida, prevedendo di default un collegamento in videoconferenza anche se vi sono partecipanti in presenza.
Un ruolo rilevante è rivestito anche dall’accountability dell’amministrazione, che deve abituarsi a esporre i dati che riguardano la propria organizzazione offrendo sempre anche la chiave di lettura di “genere”, a partire dagli obblighi di trasparenza ad esempio sulle retribuzioni, dove si ritiene necessario far comparire anche i compensi connessi agli incarichi aggiuntivi, per non lasciare sottotraccia fenomeni di gender pay gap reali, ma striscianti in quanto non legati agli stipendi contrattuali, che sono necessariamente gli stessi per uomini e donne, ma a opportunità di guadagni aggiuntivi che si riconducono alla maggiore disponibilità di tempo extra-lavoro.