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Proventi da concessioni di edificare: l’effetto “dimenticato” della pandemia

Come è noto, con quanto disposto all’art. 1, comma 460 della legge 11 dicembre 2016, n.232 – Legge di Bilancio 2017 – è stato finalmente liberato l’utilizzo degli oneri di urbanizzazione. Successivamente, per effetto dell’integrazione a norma dell’art. 1-bis, comma 1 del DL 148/2017 e di quanto disposto dall’art. 13, comma 5-quinquies del DL. 162/2019 (Milleproroghe), la spesa finanziabile dalle entrate da titoli abitativi edilizi e relative sanzioni che, per anni, è stata normata riconducendo le possibilità di finanziamento di spese di parte corrente e di parte capitale a percentuali che cambiavano ogni anno e, non raramente, anche nel corso dell’anno, è stata una volta per tutte definita come segue.

A decorrere dal 1º gennaio 2018, i proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono destinati esclusivamente e senza vincoli  temporali alla realizzazione e alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle periferie degradate, a interventi di riuso e di rigenerazione, a interventi di demolizione di costruzioni  abusive,  all’acquisizione e alla realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico, a interventi di tutela e riqualificazione dell’ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico, nonché a interventi volti a favorire l’insediamento di attività di agricoltura nell’ambito urbano e a spese di progettazione per opere pubbliche.
A decorrere dal 1° aprile 2020 le risorse non utilizzate ai sensi del primo periodo possono essere altresì utilizzate per promuovere la predisposizione di programmi diretti al completamento delle infrastrutture e delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria dei piani di zona esistenti, fermo restando l’obbligo dei comuni di porre in essere tutte le iniziative necessarie per ottenere l’adempimento, anche per equivalente delle obbligazioni assunte nelle apposite convenzioni o atti d’obbligo da parte degli operatori”

Pur con tutte le cautele del caso, data l’incertezza della accertabilità delle entrate da permessi di costruire, gli enti con maggiori difficoltà di quadratura della parte corrente, non di rado, hanno destinato una quota di tali entrate al finanziamento della spesa corrente, nelle voci di spesa previste dalla norma sopra riportata.

Per quanto sia da sempre, e a tutt’oggi, fortemente sconsigliato l’utilizzo di entrate da permessi di costruire per finanziare spesa corrente non straordinaria e per quanto tali entrate, per effetto della crisi economica globale degli ultimi anni, fossero sempre più esigue, molti sono i Comuni che adottavano ed adottano questa modalità di quadratura dell’equilibrio di parte corrente.

Ad aggravare ulteriormente le difficoltà di quadratura della parte corrente, ma non solo, anche le difficoltà di assicurare la manutenzione straordinaria minima del patrimonio comunale è intervenuta una ulteriore inflessione di tali entrate per effetto della pandemia in corso.

Da un’elaborazione dei dati a disposizione sul sito SIOPE, su un campione di Regioni, alla data del 30 settembre 2020 è emersa, infatti, una riduzione media del 25,50%.

Posto che tale tipologia di entrate non è prevista tra quelle oggetto di monitoraggio per la quantificazione del Fondo funzioni fondamentali e non è considerata in nessun altro fondo specifico molti enti si troveranno a dover fare i conti anche con questa minore entrata che, ragionevolmente, replicherà l’andamento in diminuzione anche nel corso del 2021.

Tags: Covid-19, Oneri di urbanizzazione, Permessi di costruire