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Progressioni verticali: il rispetto del principio dell’adeguato accesso dall’esterno non presuppone necessariamente la contestualità delle assunzioni

Non vi è dubbio che una pluriennale giurisprudenza della Corte Costituzionale (a muovere da Corte Costituzionale 23 luglio 2002) imponga di non riservare in toto al personale interno l’accesso selettivo alle posizioni superiori, sul presupposto che la progressione verticale costituisca ingresso novativo ad un posto di impiego pubblico, da mantenere aperto anche all’accesso di esterni mediante concorso pubblico. È però al contempo vero che la Consulta non neghi la possibilità di riservare quote al personale interno e ciò proprio nella logica del buon andamento sempre di cui all’art. 97 Cost. ed al fine di fruire delle esperienze e conoscenze acquisite con la pregressa prestazione di lavoro.

Ciò posto, laddove l’amministrazione abbia ragionevolmente ritenuto di dare corso a due procedure distinte (una pubblica ed una interamente riservata agli interni) per via dell’esigenza di non tardare nel riempimento dei ruoli di destinazione, nulla vieta di procedere prima alla nomina di tutti i candidati interni (compresi gli idonei) rispetto ai vincitori del concorso pubblico.

D’altra parte, l’interesse primariamente tutelato dalla disciplina sul concorso pubblico è quello al reperimento anche all’esterno del personale, rispetto al quale è recessivo l’interesse dei neoassunti alla parità di “carriera”, allorquando le circostanze impongano, sempre per il buon andamento della P.A., tempistiche diverse.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella recente ordinanza n. 29719 dell’11 ottobre 2022.
 

Tags: Assunzioni di personale, Progressioni verticali