Con la recente sentenza n. 13622 del 2 luglio 2020, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto possibile per un datore di lavoro pubblico valorizzare maggiormente l’esperienza professionale specifica maturata alle proprie dipendenze ai fini dell’attribuzione di una progressione economica all’interno dell’area, differenziandola da quella riferibile alla pregressa fase del rapporto.
Come ricordato dai Giudici, infatti, questa Corte ha già affermato in passato (Cass., n. 214 del 2018) che in materia di pubblico impiego privatizzato, la disciplina delle procedure selettive interne, finalizzate alla mera progressione economica o professionale all’interno della medesima area o fascia, è strettamente correlata a quella degli inquadramenti del personale pubblico “privatizzato”, delegificata (in quanto non esclusa dalla previsione di cui al comma primo dell’art. 40 del d.l.gs. n. 165 del 2001) ed affidata alla contrattazione collettiva chiamata a disciplinare i rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti “privatizzati” (artt. 2 comma 2 e 3, 45, 51, 52, 69 comma 1, 71 del d.lgs. n. 165 del 2001), la quale, per quanto concerne le progressioni all’interno della stessa area, può derogare alle disposizioni contenute nel d.P.R. n. 497 del 1994, nel rispetto del principio dì selettività (art. 52, comma 1 bis del d.lgs. n. 165 del 2001).
Le selezioni interne sono destinate a consentire alle Amministrazioni di valorizzare le professionalità già inserite nella organizzazione dell’Ente, nei limiti in cui sono concesse.
Inoltre, si è statuito (fattispecie relativa a personale dipendente dell’Ipsema transitato all’Inail, per cui è stata ritenuta legittima l’esclusione da una selezione indetta presso quest’ultimo Istituto, riservata a dipendenti in servizio ad una certa data con rapporto di lavoro a tempo indeterminato) che “la prosecuzione giuridica del rapporto di lavoro non fa venir meno la diversità fra le due fasi di svolgimento del rapporto medesimo, sempre che il trattamento differenziato non implichi la mortificazione di un diritto già acquisito dal lavoratore, sicché può risultare irrilevante, ai fini della progressione di carriera, l’anzianità maturata presso l’ente di provenienza, ove il nuovo datore di lavoro abbia inteso valorizzare, con il bando di selezione, l’esperienza professionale specifica maturata alle proprie dipendenze, differenziandola da quella riferibile alla pregressa fase del rapporto” (Cass., n. 10528 del 2018).