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Principio della parità di genere nelle giunte nei Comuni con popolazione superiore ai 3.000 abitanti

Gli atti del Sindaco concernenti la nomina degli assessori, emanati in violazione della disposizione normativa di cui all’art. 1, comma 137, l. n. 56 del 2014 possono essere impugnati, per lesione dello ius ad officium, anche da consiglieri del consiglio comunale appartenenti al genere sottorappresentato nella composizione giuntale, in quanto titolari dell’interesse concreto e specifico che venga assicurato il rispetto da parte del Sindaco di tutte le disposizioni normative di carattere cogente nella nomina dei componenti della Giunta.

Nel caso in cui sussista una effettiva impossibilità di assicurare, nella composizione della Giunta comunale, la presenza dei due generi nella misura stabilita dalla legge, la norma di cui all’art. 1, comma 137, l. 7 aprile 2014, n. 56 può essere derogata, ma occorre tuttavia che tale impossibilità sia adeguatamente provata sulla base di un’accurata e approfondita istruttoria e altrettanto adeguatamente e puntualmente motivata con riferimento alle specifiche ragioni che non consentono di rispettare quella percentuale di rappresentanza.

Sono queste le conclusioni cui è giunto il Tar Salerno con la recente sentenza n. 2505 del 22 novembre 2021, mediante la quale il Collegio ha dichiarato illegittimo, per violazione dell’art. 1, comma 137, l. 7 aprile 2014, n. 56, il decreto sindacale di composizione della giunta comunale di un Comune con popolazione superiore ai 3.000 abitanti, laddove l’indagine sulla disponibilità di persone di sesso femminile ad assumere l’incarico di assessore comunale sia stata limitata dal Sindaco a n. 5 concittadine a fronte di una popolazione di n. 3.900 abitanti (senza che venisse neanche fornito alcun elemento probatorio a supporto della circostanza che le uniche personalità femminili che avrebbero potuto ricoprire la carica assessorile fossero solo quelle che, interpellate, hanno rinunciato).

Ad avviso della Sezione, infatti, la natura fiduciaria della carica assessorile non può giustificare la limitazione di un eventuale interpello “alle sole persone appartenenti allo stesso partito o alla stessa coalizione di quella che ha espresso il sindaco, soprattutto in realtà locali non particolarmente estese, come quella di cui ci si occupa, ciò tanto più in considerazione del principio alla cui attuazione è finalizzata la norma in questione” (Cons. St., sez. V, 3 febbraio 2016, n. 406).

Tags: Amministratori locali, Parità di genere