L’Aran ha pubblicato in data odierna sul proprio sito istituzionale un nuovo orientamento applicativo concernente la corretta interpretazione della norma contenuta nell’art. 56 quater, comma 1, lett. a), del CCNL del 21.5.2018, secondo cui “è fatta salva la volontà del lavoratore di conservare comunque l’adesione eventualmente già intervenuta a diverse forme pensionistiche individuali”.
All’Agenzia è stato chiesto in particolare se sia opportuno continuare a seguire l’orientamento interpretativo dalla stessa a suo tempo fornito sulla questione dopo la decisione di segno opposto resa dal Tribunale di Arezzo (peraltro confermata recentemente anche dal Tribunale di Ivrea).
Orbene, i tecnici dell’Aran hanno voluto anzitutto precisare che la decisione in questione costituisce una sentenza di primo grado non confermata da altri gradi di giudizio e, pertanto, non può essere considerata un orientamento giurisprudenziale consolidato. Per di più, in base dell’art. 41, comma 6, del D.L. n. 207 del 2009, sembra doversi ritenere ancora sussistente il divieto di estensione dei giudicati (“6. Il divieto di cui all’articolo 1, comma 132, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è prorogato anche per gli anni successivi al 2008).
Per cui, allo stato attuale, l’Agenzia non ravvisa valide ragioni per discostarsi dalla posizione espressa in passato con i propri orientamenti applicativi, con conseguente divieto di far confluire le risorse in questione in fondi diversi da quello negoziale, anche nel caso in cui la scelta di destinazione ad un fondo aperto fosse avvenuta prima del 21 maggio 2018.