Siamo giunti al 31 dicembre 2020 e l’anno che si prospetta in materia di tributi locali non pare affatto incoraggiante: la responsabilità è delle mancate proroghe tanto attese, che sono addirittura parse in alcuni momenti scontate e che però ad oggi non si vedono ancora all’orizzonte.
Partiamo dalla prima: l’introduzione del Canone Unico Patrimoniale. Un testo normativo molto asciutto (per non dire scarno), le diverse interpretazioni sorte in relazione all’utilizzo delle tabelle per le tariffe “standard” e le pesanti ricadute gestionali hanno fatto propendere anche ANCI per una richiesta di rinvio, tanto più in un momento così complesso come questa fine 2020, con le conseguenze della pandemia che generano rallentamenti ad ogni livello. Tuttavia è piuttosto improbabile ad oggi che arrivi la proroga al 2022, dal momento che la stessa, così come le altre, ha perso il treno della conversione del DL ristori bis, poi la Legge di Bilancio e ora, come pare, anche quella del Milleproroghe. Da domani quindi saranno abrogati i c.d. “tributi minori” e le varianti non tributarie: TOSAP (e la sua variante non tributaria COSAP), Imposta Comunale sulla Pubblicità, Canone per l’installazione dei mezzi pubblicitari ed il Canone Concessorio non Ricognitorio. La TARI giornaliera sui mercati viene inoltre sostituita dal nuovo Canone mercatale. Il tutto senza che moltissimi Comuni abbiano già provveduto a dotarsi di regolamento e impianto tariffario, per la definizione del quale sarà necessario porre la giusta attenzione al fine di scongiurare ammanchi di gettito scoperti troppo tardi per intervenire.
L’altra proroga che si attendeva entro il 31 dicembre è quella sul trattamento tributario dei produttori di tributi ex assimilati. La questione è già stata trattata nell’approfondimento scaricabile qui (Approfondimento n. 21 del 7/10/2020) che si chiudeva con diverse perplessità che la riforma del testo del Codice Ambientale portava con sé in particolare sul fronte del trattamento tributario delle utenze non domestiche. Negli scorsi mesi anche la stampa specializzata si è preoccupata di evidenziare le ricadute potenziali sulla TARI con toni tutt’altro che confortanti: la mancata modifica della disciplina del tributo (ancora regolato dall’art. 1 della L. 147/2013) potrebbe portare con sé la consueta giungla di interpretazioni e soprattutto un disequilibrio sui conti difficile da registrare in corso d’anno. Anche per questo ci si aspettava una proroga, che al pari delle altre non è però arrivata.
Il terzo appuntamento mancato sebbene da tempo auspicato è il rinvio (anzi meglio lo sganciamento) del termine di adozione del PEF 2021 con le relative tariffe e Regolamento TARI. La scadenza ad oggi al 31 gennaio è pura utopia per tantissimi enti che sono arrivati a ridosso della fine del 2020 con il precedente Piano Finanziario e tutte le perplessità connesse al primo anno di applicazione. Il rinvio al 30 aprile richiesto da ANCI sembrava poter passare senza indugi (se si pensa che nel 2019 lo stesso passò a fine novembre in un anno tutto sommato normale) si sta rivelando invece ancora un miraggio. Probabile si pensi che c’è ancora tempo per prorogare (31 giorni), da parte di chi dovrebbe intervenire: tuttavia sappiamo bene che non è così e che la proroga servirebbe anche a consentire l’ordinata esecuzione delle diverse fasi identificate dal nuovo metodo di ARERA.
Per tanti motivi il 2021 sarà un anno colmo di incertezze e il settore dei tributi locali in questo non è differente. Se oltre alle mancate proroghe si pensa ad esempio all’IMU per cui il Decreto che stabilisce le categorie è atteso dalla fine di giugno ed in teoria dovrebbe essere vincolante per la fissazione delle nuove aliquote 2021, il quadro è sufficientemente problematico per delineare una situazione che probabilmente avrebbe dovuto essere analizzata con maggiore attenzione per evitare che i tanti operatori iniziassero l’anno con poche certezze, come mai accaduto negli anni scorsi.