Né la disciplina contrattuale applicabile alla fattispecie né le fonti normative interne e sovranazionali impongono che il godimento del riposo, che deve essere assicurato in ragione di un giorno su sette, debba anche avvenire sempre nel settimo giorno consecutivo e, pertanto, è smentita in radice la tesi del ricorrente, secondo cui il mancato rispetto dell’intervallo temporale sarebbe sufficiente a generare un danno da usura psico-fisica, risarcibile a prescindere da ogni allegazione e prova del danno.
È questa l’interessante conclusione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 41891 del 29 dicembre 2021.
Il caso esaminato dalla Corte riguardava un agente di polizia locale che aveva prestato attività lavorativa con orario di lavoro articolato in turni, che prevedevano, sostanzialmente una volta ogni quattro settimane, il servizio anche nella giornata di domenica.
I Giudici hanno in proposito ribadito che qualora la fruizione del risposo avvenga oltre il settimo giorno, ma nel rispetto della disciplina contrattuale e normativa inerente la specifica organizzazione del tempo di lavoro, al lavoratore, ferma la necessità di assicurare il riposo compensativo, per l’attività lavorativa svolta nel settimo giorno sarà dovuta solo la maggiorazione del compenso prevista dalle parti collettive, in ragione della maggiore gravosità del lavoro prestato. La risarcibilità del danno da usura psico-fisica, invece, presuppone che la prestazione nel settimo giorno sia stata resa in assenza di previsioni legittimanti ed in violazione degli artt. 36 Cost. e 2109 cod. civ., perché solo in tal caso la perdita definitiva del riposo settimanale è di per sé produttiva di danno, che può essere liquidato in via equitativa, a prescindere dalla prova del pregiudizio subito.
Su un piano ulteriormente diverso si pone poi il danno alla salute o danno biologico, che si concretizza in una «infermità» determinata dall’attività lavorativa usurante svolta in conseguenza di una continua attività lavorativa non seguita dai riposi settimanali. Questo danno, precisa infatti il Collegio, in nessun caso può essere ritenuto presuntivamente sussistente e deve essere dimostrato sia nella sua sussistenza e sia nel suo nesso eziologico, a prescindere dalla presunzione di colpa insita nella responsabilità nascente dall’illecito contrattuale.