Con la recente deliberazione n. 48/2023/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti siciliana ha fornito un articolato parere in merito ai rapporti intercorrenti tra il PIAO (Piano integrato di attività e organizzazione) e gli altri atti di programmazione di natura prettamente finanziaria (tra i quali, segnatamente, il bilancio di previsione).
In proposito i Giudici contabili hanno preliminarmente rimarcato l’attitudine del PIAO a configurarsi non già quale mera sommatoria espositiva di atti o provvedimenti di natura programmatica, bensì quale documento unico, finalizzato a compendiare, in una logica organica e coordinata, i molteplici contenuti ad esso assegnati. E ciò, a giudizio del Collegio, rende impraticabile una procedura orientata a realizzare una approvazione per “stralci” del citato documento ovvero una sua non meglio precisata “formazione progressiva”.
L’idea di avviare a percorsi di aggiornamento singole sezioni o sottosezioni, precisa ancora il parere, pare discostarsi anche dalla ratio sottostante al nuovo istituto, posto che, come affermato dal Consiglio di Stato con il parere n. 506 del 2022, «il Piao, nella ratio dell’art. 6, sembra dover costituire uno strumento unitario, “integrato” (lo rende esplicito la definizione stessa), che sostituisce i piani del passato e li “metabolizza” in uno strumento nuovo e omnicomprensivo, crosscutting, che consenta un’analisi a 360 gradi dell’amministrazione e di tutti i suoi obiettivi da pianificare», mentre, nel modo descritto, verrebbe a ripristinarsi, in un certo senso, l’impostazione pregressa, incentrata sulla approvazione distinta e sequenziale dei singoli piani.
Ciò detto, al fine di colmare il vuoto di programmazione in cui viene a trovarsi l’ente nelle more dell’approvazione del bilancio di previsione, la Corte ritiene possibile approvare un PIAO provvisorio, completo di tutte le sezioni, coerente con gli strumenti finanziari esistenti (DUP e bilancio del precedente esercizio finanziario), così garantendo il rispetto del principio di necessaria presupposizione di tale strumento di programmazione operativa con i documenti del ciclo di bilancio.
Al riguardo, occorre infatti rammentare che la Corte dei conti ha costantemente sottolineato l’importanza della tempestività nella adozione degli atti di programmazione da parte degli enti locali ai fini del corretto esplicarsi del ciclo del bilancio, non mancando di segnalare gli effetti deleteri e le situazioni di rischio legate al protrarsi dell’esercizio provvisorio (cfr., Sezione delle Autonomie, deliberazioni n. 2/SEZAUT/2022/INPR; n. 14/SEZAUT/2017/INPR; n. 9/SEZAUT/2016/INPR; n. 18/SEZAUT/2014/INPR e n. 23/SEZAUT/2013/INPR).
In particolare, con la deliberazione n. 18/SEZAUT/2014/INPR, la Sezione delle Autonomie, dopo aver rappresentato le implicazioni negative derivanti dal reiterato slittamento del termine per l’approvazione del bilancio preventivo, ha espresso «la necessità che gli enti si dotino di strumenti provvisori di indirizzo e di programmazione finanziaria e operativa (quali ad esempio il Piano esecutivo di gestione provvisorio e/o direttive vincolanti degli organi di governo) al fine di sopperire all’assenza, all’inizio dell’esercizio, degli strumenti di programmazione previsti dall’ordinamento. Ciò deve consentire di raggiungere i principali obiettivi sopra richiamati, in attesa della definitiva approvazione del bilancio di previsione. È quindi da evitare una gestione in esercizio provvisorio “al buio”, carente, cioè, di indirizzi approvati dai competenti organi di governo».
Tali principi sono stati poi ribaditi, nel tempo, dalle Sezioni regionali di controllo focalizzando l’attenzione sulla loro concreta attuazione soprattutto con riferimento al ciclo di gestione della performance, in considerazione sia della centralità che, rispetto a tale processo, riveste la tempestiva definizione e assegnazione di obiettivi pur nelle more del bilancio di previsione (a garanzia del buon andamento delle attività nonché ai fini della successiva distribuzione delle risorse incentivanti), sia del disposto di cui all’art. 5, comma 1-ter del d.lgs. 150/2009, inserito dall’art. 3, comma 1, lett. c), d.lgs. 25 maggio 2017, n. 74 e tuttora vigente, secondo cui «[N]el caso di differimento del termine di adozione del bilancio di previsione degli enti territoriali, devono essere comunque definiti obiettivi specifici per consentire la continuità dell’azione amministrativa» (cfr., tra le molte, Sez. Contr. Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, deliberazione n. 10/2020).
Ebbene, la Sezione siciliana ritiene che, nonostante gli incisivi mutamenti apportati all’ordinamento nell’ultimo periodo, i suddetti orientamenti non siano divenuti inattuali e possano trovare adeguata declinazione anche nel rinnovato contesto normativo e, di conseguenza, anche in rapporto al PIAO.
In tal senso, si legge nel parere, appaiono valorizzabili i seguenti argomenti:
a) anzitutto, il richiamato art. 5, comma 1-ter, del d.lgs. 150/2009, ai sensi del quale «[N]el caso di differimento del termine di adozione del bilancio di previsione degli enti territoriali, devono essere comunque definiti obiettivi specifici per consentire la continuità dell’azione amministrativa», non è stato abrogato, ma è rimasto in vigore, con la conseguenza che non è dubbio che gli enti territoriali siano tuttora tenuti a operare in conformità a tale precetto, pur tenendo presente, quanto alle modalità con cui adempiere, che, in base al nuovo assetto normativo, «Per gli enti locali di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il piano dettagliato degli obiettivi di cui all’articolo 108, comma 1, del medesimo decreto legislativo e il piano della performance di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 , sono assorbiti nel PIAO» (art. 2, comma 1, del D.P.R. 24 giugno 2022, n. 81);
b) in secondo luogo, l’art. 8 del D.M. 30 giugno 2022, n. 132, rubricato “Rapporto del Piano integrato di attività e organizzazione con i documenti di programmazione finanziaria”, che, ai commi 1 e 2, parrebbe, in effetti, aver sancito una precisa scansione temporale in virtù della quale l’approvazione del PIAO deve intervenire successivamente a quella del bilancio di previsione (prevedendo rispettivamente che «[I]l Piano integrato di attività e organizzazione elaborato ai sensi del presente decreto assicura la coerenza dei propri contenuti ai documenti di programmazione finanziaria, previsti a legislazione vigente per ciascuna delle pubbliche amministrazioni, che ne costituiscono il necessario presupposto» e che «[I]n ogni caso di differimento del termine previsto a legislazione vigente per l’approvazione dei bilanci di previsione, il termine di cui all’articolo 7, comma 1 del presente decreto, è differito di trenta giorni successivi a quello di approvazione dei bilanci») costituisce un elemento che non ostacola, bensì rafforza l’esigenza di approntare soluzioni che consentano l’ordinato svolgimento dell’attività amministrativa nell’attesa (che può prolungarsi, talvolta, ben oltre la parte iniziale dell’esercizio finanziario) della rituale adozione dei documenti in parola.
Va osservato, infatti, che i sopra riportati indirizzi sono stati dettati dalla Sezione delle Autonomie proprio tenendo in considerazione la previsione, per certi versi analoga a quella in commento, relativa al Piano esecutivo di gestione, contenuta nell’art. 169 del d.lgs. n. 267 del 2000, secondo cui, nella versione all’epoca vigente, «Sulla base del bilancio di previsione annuale deliberato dal consiglio, l’organo esecutivo definisce, prima dell’inizio dell’esercizio, il piano esecutivo di gestione, determinando gli obiettivi di gestione ed affidando gli stessi, unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi. […] Il piano esecutivo di gestione è deliberato in coerenza con il bilancio di previsione e con la relazione previsionale e programmatica. Al fine di semplificare i processi di pianificazione gestionale dell’ente, il piano dettagliato degli obiettivi di cui all’articolo 108, comma 1, del presente testo unico e il piano della performance di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, sono unificati organicamente nel piano esecutivo di gestione».
Pertanto, è esattamente a fronte della consapevolezza che il differimento del termine per l’approvazione del bilancio di previsione si accompagna, tra l’altro, alla «mancata approvazione del Piano esecutivo di gestione, con riflessi negativi sugli aspetti connessi alla valutazione della performance della dirigenza e del personale degli enti» che è stata raccomandata l’adozione di strumenti «quali ad esempio il Piano esecutivo di gestione provvisorio».
Il fatto che alcuni dei contenuti del Piano esecutivo di gestione (e cioè il piano dettagliato degli obiettivi e il piano della performance), come sopra ricordato, trovino ora collocazione nel PIAO, non scalfisce in alcun modo la validità e la pregnanza di tale ragionamento, rendendolo casomai estensibile, in parte qua, a quest’ultimo strumento.
Bisogna considerare, infine, che le indicazioni rese dalla Sezione delle Autonomie non sono circoscritte ad un novero limitato di istituti o atti previsionali o programmatici, ma riguardano in modo trasversale l’intero sistema, essendo comune a tutti gli strumenti di programmazione la necessità di «operare in tempi congrui per orientare la gestione dell’esercizio», di talché non emergono ragioni peculiari per escludere la valenza dei medesimi concetti nei confronti del PIAO.