Per poter escludere la natura commerciale dell’attività svolta da un ente senza scopo di lucro e quindi applicare l’esenzione IMU ex art. 7 co. 1 lett. i) del D.Lgs. 504/1992, è necessario che essa “sia svolta a titolo gratuito o dietro il versamento di un importo simbolico”. Lo ha deciso la Commissione tributaria regionale Roma con la sentenza n. 3654/2021.
Tema in continua evoluzione e fonte di criticità interpretative, su cui ci siamo già espressi recentemente con la News del 21.09.2021 “Esenzione IMU alle attività didattiche svolte con modalità non commerciali” .
La questione in tal caso muoveva dall’emissione di avvisi di accertamento nei confronti di un ente non lucrativo proprietario di immobili utilizzati come casa per ferie, struttura sanitaria e istituto scolastico.
Rigettando l’appello della contribuente, i giudici romani hanno statuito che “l’ attività sanitaria esercitata nella casa di cura privata […] e l’attività di istruzione svolta negli istituti paritari comportano il pagamento di un corrispettivo sia per le prestazioni sanitarie sia per la frequenza dei corsi e la natura commerciale delle attività in oggetto appare confermata dalla entità dei corrispettivi elargiti da coloro che usufruiscono delle prestazioni, da ciò facendosi necessariamente conseguire il riconoscimento della natura oggettivamente commerciale delle attività medesime […]”.
A tale conclusione, la Commissione Tributaria giunge evidenziando come, con riferimento alla casa per ferie, non fosse possibile riconoscere il carattere esclusivamente religioso dell’attività ricettiva, posto che essa non era finalizzata ad ospitare determinate categorie di utenti, ma si poneva sul mercato quale operatore con finalità di accoglienza turistica; analogamente, la struttura sanitaria era risultata essere utilizzata per convenzioni con assicurazioni private; mentre per l’attività didattica, il versamento di rette idonee a coprire solo i costi non è sufficiente per soddisfare il requisito oggettivo richiesto dalla norma, essendo invece necessario che l’attività sia svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico tali da coprire solo una frazione dei relativi costi.
La sentenza in commento fa emergere come la questione dell’applicazione delle esenzioni per gli enti non commerciali, confermata anche nella nuova disciplina IMU, sia caratterizzata da una forte connotazione discrezionale, tale per cui la medesima circostanza può essere valutata diversamente.
Nell’ambito della riforma IMU avviata lo scorso anno, sarebbe quindi auspicabile che il legislatore provvedesse ad indicare criteri univoci ed oggettivi (ad es. mediante l’indicazione delle soglie massime di rette applicabili o di una percentuale di entrate per corrispettivi rispetto al valore complessivo dell’entrata a bilancio), introducendo uno strumento di semplice applicazione, prima ancora che per i giudici, per gli enti locali nell’esercizio della funzione di controllo nei confronti di un ente non commerciale.