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Per la progressione economica non si può escludere il periodo di lavoro prestato con contratto a tempo determinato

Con la recente ordinanza n. 18138 del 6 giugno 2022, la Sezione Lavoro della Cassazione ha ritenuto fondate le censure mosse dai ricorrenti rispetto all’esclusione a priori dei lavoratori a tempo determinato dall’ambito delle valutazioni utili alla progressione economica.

Ribadendo quanto affermato in passato con la sentenza n. 7584/2022, i Giudici hanno infatti rammentato che «la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva n. 1999/70/CEE impone al datore di lavoro di riservare all’assunto a tempo determinato il medesimo trattamento previsto per l’assunto a tempo indeterminato e, pertanto, in caso di progressione stipendiale connessa sia all’anzianità di servizio che alla valutazione positiva dell’attività prestata, il datore di lavoro sarà tenuto, da un lato, ad includere nel calcolo, ai fini dell’anzianità, anche il servizio prestato sulla base di rapporti a tempo determinato e, dall’altro, ad attivare, alla maturazione del periodo così calcolato, la procedura valutativa nei termini, con le forme e con gli effetti previsti per gli assunti a tempo indeterminato» non potendosi «escludere il diritto alla predetta progressione stipendiale se, alla maturazione dell’anzianità, il datore di lavoro, contrattualmente tenuto ad attivare la procedura valutativa, l’abbia omessa sull’erroneo presupposto della non computabilità dei periodi a tempo determinato».
 

Tags: Progressioni economiche, Tempo determinato