Il Sindaco di un ente ha chiesto un parere alla Corte dei conti in merito al corretto criterio di determinazione del numero degli abitanti ai fini dell’applicazione della disciplina relativa alle capacità assunzionali dei Comuni di cui all’art. 33, comma 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, nel testo risultante dalla legge di conversione 28 giugno 2019, n. 58, come modificato dall’art. 1, comma 853, lett. a), b), e c), della legge 27 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8.
I Magistrati contabili della Toscana, con la deliberazione 231/2022/PAR, hanno affermato che il riferimento operato dalla norma citata all’“ultimo rendiconto della gestione approvato” per individuare la disciplina applicabile ai comuni “collocati” tra due valori soglia induce a ritenere che proprio questo sia il parametro temporale cui ancorarsi, e non l’anno in cui si programma l’assunzione, né il penultimo precedente a quello di riferimento, ai sensi dell’art. 156, co. 2 Tuel, secondo l’alternativa prospettata dall’ente.
D’altra parte, prosegue il parere, il dato rilevante per la dimensione demografica non potrà che essere quello attestato dall’Istat, ente pubblico di produzione, sviluppo e diffusione dell’informazione statistica ufficiale e di indirizzo e coordinamento del sistema statistico nazionale, che garantisce una certificazione statistica basata su criteri scientifici ed imparziali (cfr. l’art. 3 dello Statuto).
Il parametro della popolazione residente risulta in tal modo costituito con carattere di oggettività (in quanto basato su criteri di rilevazione generali, valevoli per ogni amministrazione), e non affidato in via soggettiva a ciascun ente, con il rischio di criteri differenti in termini di modalità e tempistica.
Pertanto, il dato da prendere a riferimento per determinare la classe demografica deve coincidere con il dato demografico ufficiale certificato dall’Istat nell’ultimo esercizio.
Con la stessa delibera, poi, la Sezione regionale ha altresì precisato che, per gli enti locali che al momento dell’entrata in vigore della legge di stabilità per l’anno 2016 (legge n. 208 del 2015) non superavano i 1.000 abitanti (e che risultavano quindi esenti dal patto di stabilità), il tetto di spesa complessivo resta quello fissato dal comma 562 della L. 296/2006 anche laddove gli stessi dovessero in seguito superare i 1.000 abitanti.