“In tema di ICI, l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a “verde attrezzato e spazio per lo sport” non esclude l’oggettivo carattere edificabile della stessa ai sensi dell’art. 2 d.lgs. n. 504/1992, ma incide solo sulla determinazione del valore venale del bene, da valutare in concreto in base alle specifiche potenzialità edificatorie consentite dalla destinazione impressa”: è il principio posto della recente ordinanza n. 21351/2021 della Corte di Cassazione.
La Suprema Corte torna ad affrontare il tema dell’imposizione tributaria su aree destinate dagli strumenti urbanistici comunali a verde pubblico attrezzato, sul quale si riscontra un orientamento giurisprudenziale non consolidato. Infatti, se nell’ordinanza 2050/2020 e nella sentenza n. 17764/2018 viene ribadito il principio posto nella pronuncia in commento, nelle sentenze n. 2335/2013 e 27121/2019 la Corte afferma che alcune tipologie di aree hanno un vicolo di destinazione tale da precludere la loro qualificazione come edificabile (ad es. nel caso di vincolo archeologico), e dunque non sono assoggettabili all’IMU.
Emerge quindi che la Cassazione dà rilevanza, di volta in volta, alla effettiva possibilità di sfruttamento edificatorio del suolo da parte dei cittadini. Talvolta ha confermato l’applicazione del tributo nei casi in cui, pur in presenta di un vincolo pubblico, fosse possibile edificare; altre volte ha ritenuto che il vincolo urbanistico fosse tale da escludere la tassazione. Tenuto conto che gli orientamenti sopra descritti si sono susseguiti in un arco di tempo relativamente breve, mostrando un atteggiamento altalenante della Suprema Corte, non è possibile, a nostro avviso, ritenere un punto di vista prevalente sull’altro.
Si auspica quindi in un intervento giurisprudenziale definitivo, magari a cura delle Sezioni Unite, che possa definire con certezza la questione, anche al fine di limitare il ricorso a contenzioso in tutte le circostanze simili a quelle sopra descritte.