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Occorrono motivazioni analitiche per la ricapitalizzazione delle partecipate oltre il minimo di legge

La recente deliberazione n. 76/2022 PAR della Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per il Lazio, effettua un utile quadro riepilogativo delle condizioni e delle modalità di ricapitalizzazione di società partecipate da amministrazioni pubbliche quando queste ultime conseguono un risultato di esercizio negativo, tale da portare il capitale sociale al di sotto del minimo di legge.

Il presupposto per l’espressione dei magistrati contabili è rappresentato dal quesito posto da un’amministrazione provinciale che chiedeva, in merito al manifestarsi delle condizioni di cui all’art. 2447 del Codice civile in capo ad una propria partecipata (riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale in ragione di perdite di esercizio), se la misura di un’eventuale ricapitalizzazione dovesse essere contenuta al minimo legale o potesse essere di maggiore importo, riportando alcuni precedenti giurisprudenziali, resi nella vigenza dell’art. 6, comma 19, del d.l. n. 78/2010 che avevano limitato la ricapitalizzazione allo stretto ripristino del minimo legale.

La Sezione regionale della Corte dei conti, dopo aver ricordato come i divieti posti dal c. 19 dell’art. 6 del DL 78/2010 insistessero su un differente contesto normativo (non ancora disciplinato dal TUSP), ha evidenziato quanto segue: “Alla luce del criterio della riduzione della spesa pubblica di cui all’art. 1, comma 2, del Tusp, il rispristino del capitale sociale minimo, quando consentito sulla base delle considerazioni che precedono, deve, di regola, attestarsi nella misura del minimo legale, salve ragioni speciali, previste o comunque rinvenibili nel piano di risanamento, idonee a giustificare, nel caso concreto, una ricapitalizzazione superiore, in armonia con i principi di proporzionalità e ragionevolezza propri delle scelte discrezionali amministrative, in un’ottica di buon andamento delle gestioni finanziarie pubbliche. Tanto comporta un maggiore onere motivazionale da parte del rifinanziatore; infatti, quale che sia l’entità finanziaria di un’eventuale scelta di ricapitalizzazione, sul socio pubblico incombe, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del Tusp, un “onere di motivazione analitica” sulla convenienza economica della ricapitalizzazione e sulla sostenibilità finanziaria della stessa.
La prevista analiticità del supporto motivazionale rende quindi necessario un adeguato approfondimento istruttorio da parte del socio pubblico idoneo a evidenziare le ragioni della ricapitalizzazione e di quelle che, eccezionalmente, inducano a effettuarla in misura superiore al minimo legale. Solo una motivazione analitica, infatti, è idonea a rappresentare le cause di interesse pubblico sottostanti le scelte amministrative effettuate e, quindi, la legittimità delle stesse.
In definitiva, la clausola di salvezza di cui all’art. 2447 c.c. deve essere interpretata in maniera coerente con le disposizioni pubblicistiche del Tusp richiamate, oltre che con i principi generali dell’azione amministrativa, potendosi, in tal modo, affermare la regola, solo generale, di ricapitalizzazione nella misura del minimo legale, con possibilità di deroghe che tengano conto delle specificità del caso concreto.”

Tags: Oneri di motivazione analitica, Ricapitalizzazione partecipate