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Nuovi orientamenti applicativi Aran marzo 2022

Riportiamo di seguito due nuovi orientamenti applicativi Aran pubblicati quest’oggi sul sito istituzionale dell’Agenzia.
I due pareri in questione si riferiscono in particolare al personale del comparto Funzioni Centrali, ma le conclusioni ivi contenute possono ritenersi senz’altro applicabili anche al personale del comparto Funzioni Locali, stante l’identica formulazione letterale degli articoli di riferimento.

Con riferimento alle modalità di giustificazione dei permessi studio, è applicabile l’art. 46 del CCNL comparto Funzioni Centrali 2016-2018 (art. 45 per il comparto Funzioni Locali) nell’ipotesi di lezioni e-learning rese da Università non telematiche le quali hanno dovuto approntare una peculiare didattica a distanza (ad es. modalità e-learning, live streaming, webinar, ecc…) per far fronte all’emergenza pandemica da Covid-19?
Com’è noto, nel caso di lezioni rese da Università telematiche, il Dipartimento della Funzione Pubblica (cfr. circolare DFP n. 12 del 2011) e questa stessa Agenzia hanno più volte chiarito la necessità che tali università attestino mediante un’apposita certificazione in quali giorni il dipendente abbia seguito personalmente ed effettivamente le lezioni telematiche.
La ratio dell’istituto in parola è permettere all’Amministrazione di potere verificare l’effettiva partecipazione del lavoratore/studente ai corsi di studio – siano essi resi in modalità on-line o in modalità ordinaria in coincidenza con l’orario di lavoro. Il comma 9 dell’art. 46 del CCNL comparto Funzioni Centrali 2016/2018 (di contenuto identico al comma 9 dell’art. 45 del CCNL del comparto Funzioni Locali 2016/2018), infatti, prescrive al dipendente l’obbligo di “[…] presentare, prima dell’inizio dei corsi, il certificato di iscrizione e, al termine degli stessi, l’attestato di partecipazione e quello degli esami sostenuti, anche se con esito negativo”.
Il caso in esame è, però, quello per cui le Università non telematiche, per far fronte all’emergenza pandemica da Covid-19, hanno dovuto approntare una peculiare didattica a distanza (ad es. modalità e-learning, live streaming, webinar, ecc…).
Tanto premesso, si rappresenta che la necessità di certificazione circa la presenza effettiva dello studente/lavoratore alle lezioni in modalità e-learning rese dalle Università telematiche non può venir meno nel caso di lezioni, aventi le medesime caratteristiche, rese dalle Università non telematiche. Diversamente opinando si avrebbe una – non sostenibile – disparità di trattamento tra i lavoratori/studenti.
Pertanto, anche nel caso di Università non telematiche che però hanno reso lezioni e corsi in modalità e-learning si conferma quanto esposto nei precedenti orientamenti applicativi; ovverossia, che il dipendente fornisca al proprio datore di lavoro la relativa certificazione mediante la quale l’Università attesta che quel determinato dipendente ha seguìto personalmente ed effettivamente, in orari coincidenti con quelli lavorativi, le lezioni da remoto (cfr. Corte dei Conti Sicilia Sez. giuris., Sent. del 21/10/2015 n. 171 relativamente alla necessità della certificazione di presenza).

È applicabile l’esonero del periodo di prova ai sensi dell’art. 14 del CCNL comparto Funzioni Centrali 2016/2018 (per il comparto Funzioni Locali si veda l’art. 20 del CCNL 2016/2018) nel caso di dipendente assunto con rapporto di lavoro a tempo determinato e parziale che ha maturato un’esperienza lavorativa presso un’altra Amministrazione Pubblica?
Preliminarmente si evidenzia che la disciplina che regola il trattamento economico-normativo del dipendente assunto a tempo determinato è l’art. 55 del citato CCNL (pedissequamente riprodotto dall’art. 51 del CCNL del comparto Funzioni Centrali) il quale, per ciò che qui interessa, al comma 2 sancisce che “il lavoratore assunto a tempo determinato, in relazione alla durata prevista del rapporto di lavoro, può essere sottoposto ad un periodo di prova, secondo la disciplina, dell’art. 14, non superiore comunque a due settimane per i rapporti di durata fino a sei mesi e di quattro settimane per quelli di durata superiore. In deroga a quanto previsto dall’art. 14, in qualunque momento del periodo di prova, ciascuna delle parti può recedere dal rapporto senza obbligo di preavviso né di indennità sostitutiva del preavviso, fatti salvi i casi di sospensione indicati nel citato articolo. Il recesso opera dal momento della comunicazione alla controparte e ove posto in essere dall’amministrazione deve essere motivato.”
La lettura del citato comma 2 evidenziano i seguenti elementi:
1) è facoltà dell’Amministrazione – e non obbligo come invece previsto per i lavoratori a tempo indeterminato dall’art. 14, comma 1, del suindicato contratto – di sottoporre il lavoratore assunto a tempo determinato a periodo di prova;
2) in via generale, la disciplina del periodo di prova è quella contenuta al citato art. 14;
3) le eventuali deroghe alla disciplina di cui al menzionato art. 14 sono contenute all’interno del comma 2 dell’art. 55 in esame. Tra queste, ad esempio, la durata del periodo di prova, la non obbligatorietà dello stesso, ecc.
Da quanto detto ne consegue che, per gli aspetti non derogati, l’art. 14 si applica anche al personale a tempo determinato.
Pertanto, in virtù del combinato disposto dell’art. 55 e dell’art. 14 del citato CCNL si ritiene che l’esonero dal periodo di prova sia applicabile anche nell’ipotesi di assunzione del dipendente a tempo determinato e parziale.
 

Tags: Periodo di prova, Permessi per diritto allo studio, Tempo determinato