Il dirigente non è obbligato a risolvere il rapporto di lavoro di un dipendente assunto in prova che si assenti per malattia per un periodo superiore a 6 mesi, fermo restando che egli, operando con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, dovrà valutare attentamente la situazione determinatasi, atteso che lo stesso si assume tutte le responsabilità, anche di ordine erariale, conseguenti alle scelte effettuate.
Inoltre, anche il lavoratore in prova che abbia esercitato il diritto di recesso nella seconda metà del periodo, può beneficiare dell’istituto di cui all’art. 26 del nuovo CCNL del 16.11.2022 (Ricostituzione del rapporto di lavoro) avendo il medesimo gli stessi diritti e doveri degli altri dipendenti, salvo eventuali espresse deroghe stabilite dalla disciplina contrattuale che, nel caso specifico non sono rinvenibili. In questo caso, tuttavia, il dipendente dovrà effettuare nuovamente il periodo di prova, poiché quest’ultimo può essere legittimamente sospeso nei casi indicati dal comma 4 dell’art. 25 del CCNL del 16.11.2022, ma non può mai essere interrotto.
Sono queste le conclusioni cui è pervenuto l’Aran con i pareri CIRS130 e CSAN158 pubblicati quest’oggi nella propria banca dati, che sebbene rivolti al personale di altri comparti, possono ritenersi senz’altro applicabili anche al personale degli enti locali, data l’identica formulazione letterale della disciplina di riferimento (articolo 25 del contratto nazionale del 16 novembre 2022).
Con altro parere pubblicato in pari data, il CSAN157, l’Agenzia ha poi escluso la possibilità per i dipendenti di richiedere il rimborso delle spese legali in presenza di una sentenza di non luogo a procedere, vista la mancanza della condizione di procedibilità. Viene però rimessa alla singola amministrazione la possibilità di operare una diversa valutazione della questione (che se ne assume la relativa responsabilità gestionale), eventualmente motivata dalla peculiarità e/o unicità del caso di specie.