Sindaco e Giunta sono sanzionabili dall’Anac solo se non predispongono i piani triennali di prevenzione della corruzione e della trasparenza, ma non per il loro mancato aggiornamento annuale.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella recente sentenza n. 28344/2023.
Per i Giudici, infatti, in questo senso depone il rilievo che la disposizione di cui all’art. 19, comma 5, lett. b), del D.L. n. 90 del 2014 delinea la condotta sanzionata in modo specifico nella mancata adozione dei piani in essa menzionati. La considerazione che la norma sanzionatoria faccia riferimento ad una condotta che descrive in modo netto, preciso e puntuale è assorbente ai fini della questione sollevata e non permette, rispetto ad essa, di sollevare dubbi o incertezze in ordine all’applicazione, nel caso di specie, dei principi di tassatività e determinatezza degli illeciti amministrativi. L’interpretazione letterale della norma è univoca e porta a ritenere che essa sanzioni la condotta omissiva, il ” caso “, come essa si esprime, della mancata adozione dei piani e che non contenga alcun riferimento ad altre condotte ipotizzabili in relazione all’inadempimento di altri obblighi che la legge in materia di anticorruzione pone a carico degli enti pubblici.
Ciò precisato, la questione posta dalla ANAC circa la riconducibilità del fatto contestato alla fattispecie normativa va risolta in senso negativo, in quanto la mancata adozione dei piani ivi previsti costituisce una condotta materiale diversa da quella del loro mancato aggiornamento. La prima si risolve nel fatto che l’ente non ha adottato alcuna misura per fronteggiare le possibili criticità, sotto lo speciale profilo considerato dalla legge in materia, della propria organizzazione ed attività, la seconda nel mancato adeguamento, rispetto alla realtà esistente, delle misure già a tal fine predisposte. La diversità materiale delle due condotte è evidente e comporta che una loro assimilazione o equiparazione presupporrebbe invero che la legge abbia voluto, senza dirlo, sanzionare condotte diverse ed ulteriore rispetto a quella prevista, dando luogo da parte dell’interprete ad un intervento integrativo del precetto normativo ovvero al ricorso all’analogia legis, operazioni che non sono consentite in materia di illeciti amministrativi, retta dai principi di tipicità e tassatività (Cass. 13336 del 2022; Cass. n. 1105 del 2012; Cass. n. 22510 del 2006).
Le suesposte argomentazioni, conclude la sentenza, rendono irrilevante che la normativa di settore, in particolare l’art. 10 del D.Lgs. n. 33 del 2013, preveda l’obbligo a carico dei soggetti tenuti all’adozione dei piani in questione, che hanno durata di tre anni, del loro aggiornamento annuale, atteso che trattasi di un obbligo chiaramente distinto dalla loro adozione e la cui sussistenza non comporta di per sé che la sua inosservanza ricada nella previsione sanzionatoria prevista.