Il divieto imposto dall’art. 53, comma 16-ter, del D.Lgs. n. 165/2001 non opera in caso di passaggio di un soggetto da un incarico presso l’amministrazione controllante ad un incarico presso l’ente di diritto privato da questa direttamente e totalmente controllata.
È questa la conclusione cui è giunta l’Anac con delibera n. 1090 del 16 dicembre 2020.
Come noto, tale disposizione è stata introdotta nel D.Lgs. n. 165/2001 dall’art. 1, comma 42, della l. 190/2012, con finalità di contenimento del rischio di situazioni di corruzione connesse all’impiego del dipendente successivo alla cessazione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione.
In particolare, come chiarito dal PNA del 2013, «il rischio valutato dalla norma è che durante il periodo di servizio il dipendente possa artatamente precostituirsi delle situazioni lavorative vantaggiose e così sfruttare a proprio fine la sua posizione e il suo potere all’interno dell’amministrazione per ottenere un lavoro per lui attraente presso l’impresa o il soggetto privato con cui entra in contatto. La norma prevede quindi una limitazione della libertà negoziale del dipendente per un determinato periodo successivo alla cessazione del rapporto per eliminare la “convenienza” di accordi fraudolenti».
L’ambito soggettivo di applicabilità della norma è riferito a quei dipendenti che, nel corso degli ultimi tre anni di servizio presso la pubblica amministrazione, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell’amministrazione stessa.
A tali soggetti è preclusa, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, qualunque ne sia la causa (c.d. periodo di raffreddamento), la possibilità di svolgere attività lavorativa o professionale in favore dei soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso l’esercizio dei suddetti poteri autoritativi e negoziali.
Sennonché, nel caso preso in esame dall’Autorità, il soggetto passerebbe da un incarico presso l’amministrazione controllante ad un incarico presso l’ente di diritto privato da questa direttamente e totalmente controllata e, come al riguardo già precisato in passato dalla stessa Autorità (delibera Anac n. 766 del 5 settembre 2018, disponibile sul sito web istituzionale), «in simili circostanze non possono configurarsi gli elementi costitutivi della fattispecie dell’art. 53, comma 16 ter, del d.lgs. n.165/2001, in quanto l’attribuzione dell’incarico di destinazione nell’ambito di una società controllata avviene nell’interesse della stessa amministrazione controllante e ciò determina la carenza di uno degli elementi essenziali della fattispecie preclusiva sopra descritta, ovvero il dualismo di interessi pubblici/privati ed il conseguente rischio di strumentalizzazione dei pubblici poteri rispetto a finalità privatistiche».
Nel caso del passaggio tra amministrazione controllante ed ente di diritto privato controllato viene quindi a mancare il rischio che il dipendente pubblico, durante lo svolgimento dell’incarico presso la prima, venga distolto dal perseguimento dell’interesse pubblico in vista del futuro incarico presso la seconda, non potendo identificare un interesse di natura privatistica contrapposto a detto interesse pubblico proprio in considerazione del rapporto di controllo tra gli enti che conferiscono gli incarichi in questione.
Pertanto, rammentando la ratio sottesa al divieto imposto dalla suddetta disposizione, nella fattispecie in oggetto, a fronte dell’insussistenza della contrapposizione interesse pubblico/privato nell’attività degli enti interessati e, quindi, del rischio che il primo possa essere strumentalizzato per finalità di natura privata, viene meno uno degli elementi costitutivi della fattispecie vietata, come già concluso dall’Autorità in fattispecie analoghe.