Non è consentito provvedere al pagamento degli incentivi tecnici nella fattispecie del project financing disciplinato dall’art. 183 del d.lgs. 50/2016.
Non sussistono invece motivi ostativi all’applicazione dell’istituto de quo alla fattispecie dell’accordo quadro di cui all’art.54 del medesimo decreto.
Sono queste le conclusioni cui è giunta la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Lombardia con la recente deliberazione n. 110/2020/PAR.
La definizione di accordo quadro è riportata infatti all’art. 3 co. 1 lett. iii) del D.lgs. 50/2016, il quale stabilisce che si tratti di un “accordo concluso tra una o più Stazioni Appaltanti e uno o più operatori economici, il cui scopo è stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste”.
L’accordo quadro è, dunque, uno strumento negoziale ossia una modalità di esecuzione del contratto, che si sostanzia in un accordo tra una o più stazioni appaltanti e uno o più fornitori con cui si stabiliscono i termini e le condizioni per futuri contratti di affidamento di beni, servizi o lavori richiesti dall’Amministrazione a seconda dell’oggetto dell’accordo quadro stesso.
Costituisce uno strumento che rappresenta una importante opportunità per le stazioni appaltanti, che possono accorpare in un’unica procedura una serie di prestazioni ripetitive e aventi carattere omogeneo da acquistare soltanto qualora ne ricorra la necessità e sino alla concorrenza massima dell’importo contrattuale.
Ove, dunque, oggetto dell’accordo quadro sia una delle attività previste dal legislatore (lavori , servizi e forniture ), sia stata effettuata a monte una procedura di gara e i relativi incentivi siano individuati nel quadro economico di ogni singolo contratto affidato per mezzo dell’accordo quadro in questione, il Collegio ritiene che non sussistano motivi ostativi all’applicazione dello strumento degli incentivi anche a tale schema negoziale.
La possibilità di applicare la disciplina dell’art.113 del D.lgs 50/2016 alle forme di partenariato pubblico-privato è stata invece oggetto di copiosa giurisprudenza della Corte dei conti, anche di questa Sezione regionale di controllo (vd. ex multis deliberazioni 7 Sezione regionale di controllo per la Lombardia numeri 311 e 429 /PAR, deliberazione Sezione regionale di controllo per il Veneto n. 20/2020).
Con deliberazione 429/2019/PAR, infatti, è stato sancito che “Giova tra l’altro, ricordare che questa stessa Sezione già con la delibera 311/2019/PAR ha avuto modo di affermare che il principio enunciato dalla Sezione delle Autonomie (che esclude l’applicazione degli incentivi alle concessioni) trovi completa e totale applicazione non solo nell’ipotesi di concessione, ma anche nel caso in cui la questione attenga ad altre forme contrattuali come, per l’appunto, nel caso di forme di “Partenariato Pubblico Privato”.
In merito la Sezione delle autonomie ha osservato come “una piana lettura di quest’ultima disposizione non può indurre invero a ritenere che anche l’art. 113 sia applicabile ai contratti di concessione”, dovendosi piuttosto osservare che “il citato art. 113 è calibrato inequivocabilmente sulla tipologia dei contratti di appalto”; ciò in particolare alla luce dell’attuale disposto del comma 5-bis della stessa norma, da cui si desume univocamente che i compensi incentivanti “per chiara affermazione del legislatore costituiscono un “di cui” delle spese per contratti appalto e non vi è alcun elemento ermeneutico che possa far ritenere estensibile le disposizioni dell’articolo in esame anche alle concessioni, non essendo normativamente previsto uno specifico stanziamento non riconducibile ai capitoli dei singoli lavori, servizi e forniture”.
È stato ulteriormente osservato, al riguardo, che la specialità della fattispecie dei compensi incentivanti di cui trattasi “ha richiesto una disciplina espressa e compiuta, che è declinata nell’art. 113, con indicazione degli ambiti, delle modalità di finanziamento e delle relative procedure di quantificazione e individuazione delle destinazioni, nonché della natura degli emolumenti accessori (e per quest’ultimo profilo è stato necessario un ulteriore intervento legislativo). Non sembra praticabile, quindi, un’interpretazione estensiva ed analogica”.
In conclusione, la Sezione delle autonomie ha ritenuto che “per ritenere applicabile anche ai contratti di concessione gli incentivi per lo svolgimento di funzioni tecniche si dovrebbe operare uno sforzo ermeneutico estensivo ed analogico tale da riscrivere, di fatto, il contenuto dell’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016, che, come si è visto, è calibrato sui contratti di appalto (ai quali espressamente si riferisce) e non tiene conto di quelle sostanziali differenze che caratterizzano i contratti di concessione”.
Tutto ciò posto, e non rilevandosi valide motivazioni per discostarsi dalla precedente e costante giurisprudenza di questa stessa Sezione di controllo, il Collegio ha ritenuto non applicabile all’istituto del “project financing” la disciplina di cui all’art.113 del d.lgs. 50/2016.