Con l’ordinanza 26886 del 5 ottobre scorso, la Corte di Cassazione ha ribadito l’orientamento secondo il quale non sussiste alcun obbligo da parte dell’Amministrazione di instaurare un contraddittorio preventivo ai fini dell’accertamento del tributo (a tal proposito si veda anche la news pubblicata il 18 giugno 2021).
Nel caso di specie il ricorrente impugnava un avviso di accertamento TARSU che contestava una maggiore superficie imponibile rispetto a quella dichiarata dal contribuente. Il ricorso, accolto parzialmente in primo e secondo grado, veniva rigettato dalla Cassazione.
Secondo il contribuente, ai fini dell’accertamento, il Comune avrebbe dovuto instaurare un contraddittorio preventivo per verificare le superfici imponibili produttive di rifiuti urbani e assimilati.
I giudici affermavano quanto segue:
“Va premesso che non sussiste alcun obbligo da parte dell’Amministrazione di instaurare un contraddittorio preventivo, infatti, ai sensi dell’art. 73, comma 1, d.lgs. n. 507 del 1993, “Ai fini del controllo dei dati contenuti nelle denunce o acquisiti in sede di accertamento d’ufficio tramite rilevazione della misura e destinazione delle superfici imponibili, effettuata anche in base alle convenzioni di cui all’articolo 71, comma 4, l’ufficio comunale può rivolgere al contribuente motivato invito ad esibire o trasmettere atti e documenti, comprese le planimetrie dei locali e delle aree scoperte, ed a rispondere a questionari, relativi a dati e notizie specifici, da restituire debitamente sottoscritti”. Come emerge dal dato letterale della norma ora riportata, il Comune ha la possibilità di introdurre nel procedimento di accertamento un contraddittorio preventivo per controllare i dati già in suo possesso, ma non ha alcun obbligo in tal senso, né tantomeno sono previste sanzioni per la relativa omissione”.
In tema di TARI l’articolo 1 comma 693 della Legge 147/2013 stabilisce che “Ai fini della verifica del corretto assolvimento degli obblighi tributari, il funzionario responsabile può inviare questionari al contribuente, richiedere dati e notizie a uffici pubblici ovvero a enti di gestione di servizi pubblici, in esenzione da spese e diritti, e disporre l’accesso ai locali ed aree assoggettabili a tributo, mediante personale debitamente autorizzato e con preavviso di almeno sette giorni”: il medesimo principio espresso dalla Cassazione è quindi applicabile anche nell’ambito degli avvisi di accertamento emessi per gli anni 2014 e seguenti.
Nell’ordinanza in commento, con riferimento al secondo motivo oggetto di impugnazione relativo alla mancata esclusione delle aree produttive di rifiuti speciali, la Cassazione ha infine ribadito che l’onere della prova circa l’esistenza e la delimitazione delle superfici per le quali il tributo non è dovuto grava sul contribuente che ritiene di avere diritto all’esenzione, atteso che “[…] pur operando il principio secondo il quale è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, tale principio non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, costituendo l’esenzione, anche parziale, un’eccezione alla regola generale del pagamento del tributo”.
A proposito delle modalità di determinazione della superficie imponibile ai fini TARI stiamo lavorando ad un approfondimento che sarà pubblicato su questo sito nei prossimi giorni.