Come noto, il comma 2 dell’art 113 del D.Lgs. n. 50/2016 statuisce che le risorse finanziarie che alimentano l’apposito fondo degli incentivi per funzioni tecniche in misura non superiore al 2% vanno “modulate sull’importo dei lavori, servizi e forniture, posti a base di gara”.
Quanto alla definizione dell’importo di alimentazione del fondo (a base di gara), la deliberazione della Sez. Controllo Lazio n. 60/2020/PAR ha richiamato la previsione dell’art. 35 del D.Lgs n. 50/2016, in forza del quale il calcolo del valore stimato di un appalto pubblico di lavori, servizi e forniture è basato sull’importo totale pagabile al netto dell’IVA, valutato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore; lo stesso tiene conto dell’importo massimo stimato, ivi compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara. La scelta di riferire la determinazione del fondo al momento di avvio della gara e non al suo esito ha lo scopo di ancorare tale operazione ad elementi non connotati dall’incertezza dell’esito ed è stato anche uno dei motivi dell’esclusione delle concessioni dal novero degli incentivi per la difficoltà di parametrare il fondo ai canoni di concessione, dal flusso finanziario soggetti a margini di aleatorietà (Sez. Autonomie n. 15/2019/QMIG; e per i contratti di PPP n. 10/2021/QMIG).
Ma come si deve comportare l’amministrazione in caso di varianti?
A questo interrogativo ha fornito risposta la recente deliberazione n. 43/2021/PAR della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti del Friuli Venezia Giulia, la quale ha precisato innanzitutto che l’art. 106 del D.Lgs. n. 50/2016, rubricato “Modifica dei contratti durante il periodo di efficacia”, racchiude in un unico articolo tutte le diverse tipologie di modifiche, siano esse riferite alla prestazione, alla durata o ai soggetti.
Focalizzando in particolare l’attenzione sulle ipotesi di varianti in senso stretto di cui all’art. 106, comma 1, lettera c), ovvero quelle che dipendono da “circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice o per l’ente aggiudicatore”, la Sezione ha rammentato che nella giurisprudenza contabile si è già delineata in passato la questione se e come sia possibile armonizzare i principi e le finalità dell’istituto incentivante rispetto alla disciplina dello ius variandi. Operando una lettura sistematica della disciplina delle varianti nel quadro delle disposizioni dell’art. 113, infatti, la giurisprudenza contabile si è più volte espressa, anche in relazione al previgente codice dei contratti del 2006, nel senso della non incompatibilità a priori e in senso assoluto tra varianti e incentivazione e, quindi, dei relativi riflessi sul fondo, anche in aumento (Sez. Controllo Pu-glia n. 162/2018/PAR; Sez. Controllo Piemonte n. 8/2014/PAR e n. 97/2014/PAR).
Pertanto, per dare riscontro al quesito se sia corretto o meno incrementare il fondo incentivante in caso di varianti, occorre operare una sintesi tra la finalità dell’art. 113, che mira ad accrescere efficienza/efficacia dell’attività della PA, la natura premiale dell’incentivo che va a remunerare prestazioni tipiche di soggetti individuati e individuabili correlati all’adempimento di specifici compiti di particolare complessità, nonché lo spazio di flessibilità contrattuale.
Al riguardo emergono alcune considerazioni. In primo luogo, data la su richiamata natura premiale, l’incentivo e connesso differenziale retributivo remunera un più elevato carico di lavoro e responsabilità in capo ai dipendenti che abbiano positivamente svolto le attività tassativamente previste dalla norma. In secondo luogo, va ricordato che l’erogazione dell’incentivazione è soggetta a riduzioni proporzionali delle risorse in caso di mancato rispetto dei parametri e degli obiettivi che la PA si è inizialmente posta nell’avviare l’appalto. L’aver collegato il riconoscimento del beneficio al risultato in termini di completamento dell’opera, di esecuzione della fornitura o del servizio in conformità a costi e tempi prestabiliti finisce per riverberarsi, sulla valutazione circa la (piena) corresponsione dell’incentivo in caso di variazioni e modificazioni in fase esecutiva. In tale valutazione acquista un ruolo rilevante la definizione della disciplina delle riduzioni proporzionali di cui all’art. 106, comma 2. In terzo luogo, non va trascurato di considerare che un momento importante del ciclo di gestione del contratto è la fase propedeutica della predisposizione e costruzione del procedimento e relativo bando/avviso nella quale, nell’ottica di efficienza indicata dalla legge delega, andranno esaminate le possibili situazioni incidenti sul percorso anche sotto il profilo tecnico e finanziario.
La giurisprudenza contabile, nell’affermare la non incompatibilità in senso assoluto tra varianti e incentivi, ha voluto sottolineare che i due aspetti possono trovare adeguata conciliazione nella misura in cui l’incentivo segua comunque una logica di efficienza, efficacia e razionalizzazione lasciando fuori, quindi, le modificazioni contrattuali che derivano da condotte che si discostano dal parametro della diligenza. Diversamente, potrà ammettersi lo ius variandi in caso di circostanze impreviste ed imprevedibili, qualora le varianti (o le prestazioni supplementari) abbiano il carattere della necessità e vadano a remunerare un quid pluris di attività e adempimenti di natura tecnica nella considerazione che non costituisce oggetto di incentivazione qualsiasi generica partecipazione del personale assegnato alla stazione appaltante, bensì lo svolgimento di specifiche funzioni tecniche da parte del medesimo (Sez. Controllo Lombardia n. 29/2021).
Ad ogni modo dalla lettura attenta della giurisprudenza in materia di incentivi per funzioni tecniche e, in particolare, quella che si è espressa sulle varianti emerge che, avuto riguardo alla struttura bifasica degli incentivi in questione tra regolamento e contrattazione, la verifica della legittimità delle erogazioni, la parametrazione delle eventuali riduzioni nonché ingenerale la loro disciplina rientrano nello spazio riservato alle amministrazioni. Un tanto vale anche per la modulazione (e rimodulazione) degli importi e delle risorse destinate all’appalto, entro la cornice prestabilita dalla norma, in ragione della variabilità delle circostanze, delle tipologie di appalto nonché delle varianti che implica valutazioni in fatto secondo canoni di logicità, congruenza e ragionevolezza da riferirsi a fattispecie concrete cui la Corte è estranea.
Per tali motivi, afferma il Collegio, i giudici contabili si sono limitati a rilevare che i ricalcoli vanno correlati all’importo della perizia di variante (Sez. Piemonte n. 8/2014 e 97/2014 cit.) o, con formulazione in parte diversa ma di simile contenuto, al nuovo importo a base di gara (Sez. Puglia n. 162/2018 cit.), dunque in relazione alle maggiori risorse stanziate per l’appalto.
In conclusione, dunque, deve ritenersi rimessa all’Ente locale la definizione della remunerazione dell’incentivo in presenza di varianti in esito alla rigorosa valutazione dell’effettiva situazione e relativa legittimazione alla corresponsione nonché ogni conseguente determinazione riservata alla propria competenza.