Chiamata a pronunciarsi sulle corrette modalità di calcolo della percentuale di lavoratori che possono beneficiare dei permessi per il diritto allo studio, l’Aran ha precisato che il CCNL del Comparto Funzioni Centrali (ma lo stesso vale per il CCNL del Comparto Funzioni Locali) detta una puntuale disciplina in ordine ai limiti entro i quali i permessi per il diritto allo studio in favore dei dipendenti possano essere riconosciuti. In particolare, il beneficio consiste nel diritto a fruire di un massimo di 150 ore annue individuali di permesso retribuito e può essere riconosciuto ad un numero di lavoratori pari al 3% del personale in servizio con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, arrotondato all’unità superiore.
Ciò detto, precisa l’Agenzia, l’“arrotondamento all’unità superiore” previsto dall’art. 45 del CCNL delle Funzioni Locali non deve essere riferito al valore percentuale (dal 3% al 4%, ad esempio) ma all’unità del personale che potrebbe usufruire di detti permessi (da 10,6 a 11 lavoratori).
Nel caso di enti di piccole dimensioni, quindi, se in applicazione di detto principio il risultato aritmetico dovesse portare ad un valore decimale di poco superiore allo 0 (ad esempio 0,2) il beneficio in parola potrà essere riconosciuto ad un solo lavoratore.
Riassumendo, l’applicazione della regola in questione deve limitare il beneficio alla quota predefinita del 3% del personale in servizio ma, allo stesso tempo, non può comprimere oltremodo il diritto allo studio, soprattutto in ambiti in cui il numero dei dipendenti è particolarmente contenuto. Per tale motivo le parti hanno introdotto l’arrotondamento all’unità superiore, così da assicurare che almeno uno dei dipendenti dell’Amministrazione possa fruire dei permessi in esame.