Con la recente sentenza n. 15364 del 31 maggio 2023, la Suprema Corte di Cassazione ha espresso il seguente principio di diritto: «Anche in tema di rapporti di lavoro nel pubblico impiego privatizzato, le decisioni datoriali che incidano sul costo del personale e comportino spese a carico della Pubblica Amministrazione devono essere assunte in presenza della necessaria copertura finanziaria e di spesa, in mancanza della quale gli atti e le procedure eventualmente svolte sono prive di effetti e non consentono il sorgere di diritti delle parti, a ciò facendo eccezione soltanto i casi riportabili alla fattispecie di cui all’art. 2126 c.c. e quindi caratterizzati dallo svolgimento di fatto di prestazioni di lavoro subordinato chieste e ricevute dal datore di lavoro pubblico pur in violazione di norme di legge o di contrattazione collettiva».
La fattispecie sottoposta all’attenzione del giudice di legittimità aveva ad oggetto gli atti di una procedura di progressione economica mai concretizzatasi per via della mancanza della necessaria copertura finanziaria.
In proposito la Corte ha evidenziato che “non vi è dubbio che una qualsiasi attività che sia fonte di spesa per la P.A. in tanto possa essere avviata e comunque possa conseguire gli effetti suoi propri solo in quanto vi sia copertura dei relativi costi.
Questa S.C. ha già chiarito che le remunerazioni delle prestazioni nel pubblico impiego possono essere riconosciute solo se in linea con le previsioni ed allocazioni di spesa e che l’accordo incoerente con esse è invalido (Cass. 21 febbraio 2022, n. 5679) e rende pertanto ripetibili eventuali pagamenti eseguiti sulla sua base (Cass. 9 maggio 2022, n. 14672).
Fuoriescono da tale assetto solo quelle ipotesi in cui la situazione di fatto, per ragioni di diritto ancora superiori, si imponga a prescindere dalla previa regolarità dell’attività sotto il profilo della spesa, come può accadere in ambito lavoristico quando una certa attività sia stata fatta comunque svolgere dalla P.A.-datore di lavoro, pur in assenza dei requisiti di validità di essa, e debba quindi essere remunerata per effetto del disposto dell’art. 2126 c.c. e dei principi costituzionali (art. 35 e 36 Cost.) che a tale norma si affiancano.
Ma non è questo il caso, in cui si parla invece del conseguimento, di puro diritto, di una posizione economica migliore, la quale dipende solo ed unicamente dal verificarsi in modo pieno della fattispecie di riferimento.
Il principio della necessaria copertura della spesa, quanto agli enti locali, ha fondamento normativo, attualmente, nel combinato disposto dell’art. 191 e 153, co. 5, d. lgs. 267/2000, secondo cui (art. 191, co., 1 cit.) «gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria di cui all’articolo 153, comma 5».
Sulla base della normativa allora vigente e di portata sostanzialmente analoga (art. 55, co. 5 L. 142/1990, secondo cui «i provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l’apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria») questa S.C. ha già affermato che «la delibera …. è valida e vincolante nei confronti dell’ente soltanto se il relativo impegno di spesa sia accompagnato dall’attestazione, da parte del responsabile del servizio finanziario, della copertura finanziaria» e che «l’inosservanza di tale prescrizione determina la nullità della delibera …. comportando l’esclusione di qualsiasi responsabilità od obbligazione dell’ente pubblico in ordine alle spese assunte senza il suddetto adempimento» (Cass., S.U., 28 giugno 2005, n. 13831).
Non diversamente, secondo Cass. 18 novembre 2011, n. 24303, in tema di contratti stipulati dai comuni, è principio inderogabile quello della necessità dell’impegno di spesa, già ai sensi degli artt. da 284 a 288 del r.d. n. 383 del 1934, e succ. mod., la cui violazione comporta radicale nullità ed ancora, secondo Cass., S.U. 18 dicembre 2014, n. 26657, in tema di obbligazioni della P.A., all’ente non è consentito di derogare alle procedure di spesa di cui all’art. 23, commi 3 e 4, del d.l. 2 marzo 1989 n. 66, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, legge 24 aprile 1989, n. 144 (oggi sostituito dall’art. 191 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) sicché, in mancanza, il rapporto obbligatorio non è riferibile all’ente.
In ambito di lavoro autonomo convenzionato, Cass. 27 giugno 2019, n. 17358, ha parimenti ritenuto che «l’esigenza di prevedere la copertura economica di qualunque spesa per la P.A. contraente è presupposto per la formazione di una valida volontà negoziale dell’amministrazione. Pertanto, ove la delibera di conferimento di un incarico professionale di consulenza sia stata adottata senza la necessaria copertura finanziaria, è legittima la delibera di cessazione dell’incarico assunta dall’ente pubblico».
Tali principi valgono senza dubbio, data la generale portata delle norme, anche rispetto ad impegni destinati ad incidere su rapporti preesistenti (qui, rapporti di lavoro di pubblico impiego privatizzato) e dunque a vicende, come una progressione orizzontale, che evidentemente comportano il maturare di costi.
Nel senso che la produzione di effetti di quegli impegni, quali nel caso di specie derivanti dall’indizione di una procedura utile ad individuare il personale che potrebbe godere di tale progressione, in tanto può dispiegare effetti e tradursi in un reale obbligo della P.A.–datore di lavoro di adempiere, in quanto quella copertura di spesa vi sia.
Né vi è richiamare quella giurisprudenza che, nel contesto dell’indirizzo del tutto uniforme di cui sopra, esclude l’invalidità o l’inefficacia quando l’attività negoziale sia fonte di costi non ancora certi e definiti (Cass. 22 maggio 2019, n. 13913; Cass. 11 luglio 2017, n. 17056), non potendosi opinare in tal senso rispetto ai costi del personale e tanto meno dei costi relativi ad un aumento di trattamento di personale in forza, rispetto ai quali la copertura rispetto ai fondi destinati alla relativa sovvenzione non può non essere determinabile”.