Se a giugno 2020, oltre il 60% degli intervistati riteneva che lo smart working avrebbe portato un cambiamento positivo nella PA, ora, a qualche mese di distanza, la fiducia nei riguardi di questo nuovo modello organizzativo resta comunque alta (il 55,1% dei lavoratori è ancora ottimista che questo possa avvenire), ma molti pensano che ci vorrà più tempo del previsto per apprezzarne davvero i risultati.
Sono alcuni dei risultati della ricerca “La PA oltre il Covid” realizzata da FPA in occasione di “FORUM PA 2020 Restart Italia”, l’evento digitale che ha preso il via ieri e proseguirà fino a venerdì prossimo, per cinque giorni di confronto in diretta streaming sul tema della ripartenza del Paese dopo l’emergenza.
Secondo i dipendenti pubblici, in particolare, fatica ancora ad emergere un effettivo orientamento ai risultati: per il 42,8% la pratica della valutazione non è cambiata, per il 44,6% non ci sono ancora cambiamenti in questo senso ma segnali di miglioramento, solo il 12,6% vede un reale cambiamento.
Ma come si può, in un contesto di smart working diffuso, effettuare una misurazione oggettiva della performance dei dipendenti?
Come si legge nella Direttiva del Presidente Consiglio Ministri – Dipartimento Funzione Pubblica – del 1° giugno 2017, n. 3, “le amministrazioni pubbliche che vogliono sperimentare con successo lo smart working sono chiamate a rafforzare i metodi di valutazione improntati al raggiungimento dei risultati a fronte di obiettivi prefissati e concordati al fine di adattarli a un’attività lavorativa gestita per obiettivi e a valutare gli esiti nell’ambito della misurazione della performance”.
Con il lavoro agile si impone cioè un ripensamento del processo di performance management e di valutazione del personale, basato più sulla definizione di obiettivi da raggiungere che non sulle attività puntuali da svolgere.
A tal fine, occorrerà perciò ricorrere ad esempio a:
- indicatori di processo, finalizzati a misurare le prestazioni delle attività continuative e routinarie con caratteristiche di standardizzazione e prevedibilità per le quali è possibile individuare un output in modo concreto e oggettivo (numero di documenti processati rispetto a quelli processabili, numero di documenti processati correttamente, numero di richieste gestite, tempo per rispondere a un bando di gara, tempo di realizzazione di report o analisi periodiche, numero di fatture gestite, numero di pagamenti liquidati, etc.);
- indicatori di avanzamento di attività e progetti, che consentono di misurare le prestazioni tipiche di attività progettuali, discontinue e non routinarie (qualità complessiva del lavoro svolto, rispetto delle scadenze per consegne e attività intermedie, tempo di esecuzione delle attività di progetto quali presentazioni, rapporti, etc.);
- indicatori di relazione e interazione, utilizzabili per misurare la qualità delle relazioni del dipendente che presta la propria attività da remoto con il proprio dirigente, con i colleghi della struttura, ma anche con i soggetti esterni (capacità di gestione delle urgenze, capacità di risposta a richieste ad hoc, efficacia del coordinamento e condivisione delle informazioni, proattività, capacità di proporre, anticipare, risolvere problematiche prima delle richieste, etc.).
Ciò, tuttavia, comporta necessariamente il superamento delle tradizionali logiche della programmazione e del controllo basate sulla definizione di singoli, specifici compiti, richiedendo invece al dirigente uno sforzo addizionale nella determinazione di obiettivi, indicatori e target per la valutazione dei risultati conseguiti dal dipendente (uno sforzo che normalmente il dirigente non compie per ciascun singolo dipendente e con riferimento ad ogni quotidiana attività assegnata).