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Limiti dell’esercizio del potere sostitutivo da parte del Segretario comunale

È fondata la censura di incompetenza del Segretario Generale ad adottare i provvedimenti di annullamento in autotutela di una autorizzazione ambientale e di quella di accertamento di compatibilità paesaggistica previamente rilasciate dal Comune, con conseguente emissione di una ordinanza di demolizione delle opere cui detti titoli si riferivano.

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la recente sentenza n. 4278 del 13 maggio 2024.

Invero, pur non potendo fare a meno di rilevare come la attuale funzione del Segretario generale si discosti radicalmente da quella originaria di mera certificazione, di verbalizzazione, di rogito dei contratti dell’ente, nonché di autenticazione delle scritture private e degli atti unilaterali (sempre nell’interesse dell’ente stesso), essendo egli chiamato a svolgere sempre più pregnanti funzioni di controllo di legittimità degli atti dell’ente e più in generale di legalità e di attuazione degli indirizzi politico – amministrativi dei suoi organi, i Giudici hanno affermato che a ciò non può logicamente e giuridicamente conseguire una sorta di competenza generale su tutte le attività gestionali dell’ente ed un connesso e conseguente altrettanto generale e generalizzato potere di firma in luogo dei dirigenti comunali, che si porrebbe del resto in insanabile contrasto con l’autonomia di questi ultimi e con la necessaria valorizzazione delle loro relative competenze finalizzate, com’è intuibile, al miglior funzionamento possibile della struttura burocratica.

Né nella prospettiva di una competenza generale su tutte le attività dell’ente può invocarsi l’esercizio da parte del Segretario Generale del potere sostitutivo, perché anche quest’ultimo non si sottrae ai principi di legalità e tipicità dell’azione amministrativa, con la conseguenza che esso sussiste e può essere concretamente esercitato solo se espressamente previsto e nei limiti e con le forme di tale previsione, a maggior ragione ove, come nel caso di specie, l’Amministrazione pretenda di utilizzarlo in deroga alla regola generale che individua nel soggetto che ha la competenza ad adottare un atto l’organo preposto a rivalutarne la legittimità (principio del contrarius actus).

Sebbene poi sia innegabile che il soggetto preposto all’esercizio del potere sostitutivo nei Comuni coincida generalmente con il Segretario Generale, ciò non esonera quest’ultimo dal rispetto delle regole generali che sovraintendono all’esercizio del potere stesso.

Infine, precisa la sentenza, non può sottacersi che l’esercizio del potere sostitutivo, per come declinato nell’art. 2, comma 9-ter della l. n. 241 del 1990, non si concretizza nell’adozione dell’atto direttamente da parte dell’organo di vertice individuato dall’Amministrazione, ma implica la conclusione del procedimento entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto «o attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario ad acta». Le due modalità sono tra loro alternative e la norma lascia al soggetto titolare la discrezionalità della scelta, ma non gli consente di agire in prima persona. Nel caso poi in cui anche il titolare del potere sostitutivo non risponda nei termini di legge, non resta all’interessato che la tutela giurisdizionale contro il silenzio serbato dall’Amministrazione.

Il fatto che l’esercizio del potere sostitutivo si risolve comunque nel coinvolgimento delle strutture competenti ovvero nell’individuazione di un soggetto terzo (il commissario ad acta) risponde all’evidente esigenza di utilizzare le specificità esperienziali delle stesse ovvero di individuarne all’esterno dell’ente: ciò trova conferma anche nei contenuti della novella attuata con il d.l. n. 77 del 2021. Pur essendo infatti stato superato il tradizionale modello basato esclusivamente sulla gerarchia a vantaggio di uno schema che vede nella centralità delle scelte organizzative lo strumento principale di concreta attuazione di qualsiasi disegno di riforma, l’ unità organizzativa, cui è possibile riferirsi in alternativa al soggetto singolo, finanche se creata ad hoc, non può in ogni caso esercitare direttamente l’attività gestionale, ma deve egualmente avvalersi di strutture competenti o del commissario ad acta, cui casomai, vista la configurazione come articolazione dedicata nell’organigramma, sarà in grado di fornire tutto il supporto operativo necessario allo scopo.

Tale schema procedurale trova piena rispondenza nella previsione appositamente riferita ai casi di inerzia degli enti territoriali: l’art. 17, comma 45, della l. n. 127 del 1997, ora confluito nell’art. 136 del d.lgs. n. 267/2000, con riferimento ai provvedimenti che Comuni e Province sono tenuti ad adottare, prevede infatti che se essi, malgrado l’invito «a provvedere entro congruo termine, ritardino o omettano di compiere atti obbligatori per legge, si provvede a mezzo di commissario ad acta nominato dal difensore civico regionale, ove costituito, ovvero dal comitato regionale di controllo», il quale «provvede entro sessanta giorni dal conferimento dell’incarico».

Vero è che la più recente contrattazione nazionale dell’Area Dirigenza, nello specificare cosa debba intendersi per funzioni di coordinamento dei dirigenti comunali svolte dal Segretario Generale ove il Sindaco o il Presidente della Provincia non abbiano nominato il direttore generale, vi ha incluso anche il potere di avocazione degli atti in caso di inadempienza da parte del soggetto deputato ad esercitarlo (art. 101 del CCNL dell’area della dirigenza del comparto Funzioni Locali, sottoscritto il 17 dicembre 2020): ma tale disposizione, indipendentemente da ogni valutazione sul suo carattere innovativo, è comunque inapplicabile al caso di specie ratione temporis e necessita pur sempre per la sua concreta applicazione di un’apposita regolamentazione (circa la casistica di riferimento, la procedura per l’applicazione, le modalità di contestazione dell’inadempimento al dirigente nonché dei termini entro i quali si può o si deve procedere). Ciò senza contare che essa non può che costituire una mera declinazione delle regole di esercizio del potere sostitutivo di cui al più volte ricordato art. 2 della l. n. 24171990.