Come noto, la giurisprudenza amministrativa ha da tempo riconosciuto che l’art. 6 (Compiti del responsabile del procedimento), comma 1, lett. b), legge 7 agosto 1990, n. 241, ha introdotto, nell’ambito delle regole del procedimento amministrativo, il c.d. soccorso istruttorio, con la finalità di regolarizzare o integrare una documentazione carente, nell’ottica della tutela della buona fede e dell’affidamento dei soggetti coinvolti dall’esercizio del potere (cfr. Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; ma già Cons. St., sez. VI, 2 aprile 2001, n. 1927).
La stessa giurisprudenza ha poi precisato che i casi in cui è attivabile il soccorso istruttorio vanno tenuti distinti da quelli nei quali non di documentazione irregolare o carente si tratta, bensì di errore commesso dal privato nell’istanza o domanda presentata alla pubblica amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 giugno 2019, n. 4198, ove è precisato che se l’errore è riconoscibile secondo le condizioni poste dalle disposizioni del codice civile per gli atti negoziali, ben può richiedersi all’amministrazione lo sforzo diligente di emendarlo autonomamente).
Il soccorso istruttorio, peraltro, ha portata generale e trova applicazione anche nell’ambito delle procedure concorsuali, fermo il necessario rispetto del principio della par condicio, per cui l’intervento dell’amministrazione diretto a consentire al concorrente di regolarizzare o integrare la documentazione presentata non può produrre un effetto vantaggioso a danno degli altri candidati.
Ma quali sono allora concretamente i limiti dell’utilizzo del soccorso istruttorio nei concorsi pubblici?
In dissenso con la giurisprudenza che limita il soccorso istruttorio nelle c.d. procedure di massa o competitive, il Tar del Lazio (si veda la recente sentenza n. 15901 del 21 agosto 2024) propende per un’applicazione ampia dello stesso nell’ambito dei concorsi pubblici.
E infatti l’attivazione del c.d. soccorso istruttorio è tanto più necessaria per le finalità proprie di detta procedura che, in quanto diretta al fine pubblico della selezione dei migliori candidati a posti pubblici, non può essere alterata nei suoi esiti da meri errori formali, come accadrebbe se un candidato meritevole non risultasse vincitore per una mancanza facilmente emendabile con la collaborazione dell’amministrazione.
Il danno, precisano i Giudici, prima ancora che all’interesse privato, sarebbe all’interesse pubblico, considerata la cruciale rilevanza della corretta selezione dei dipendenti pubblici per il buon andamento dell’attività della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.). In quest’ottica, il limite all’attivazione del soccorso istruttorio coincide con la mancata allegazione di un requisito di partecipazione, ovvero di un titolo valutabile, poiché, effettivamente, consentire ad un candidato di dichiarare, a termine di presentazione delle domande già spirato, un requisito o un titolo non indicato, significherebbe riconoscergli un vantaggio rispetto agli altri candidati, in palese violazione della par condicio.
In ogni altro caso, invece, ove il candidato abbia allegato i titoli da valutare con la diligenza richiesta (specificata dall’Adunanza plenaria nella sentenza 15 febbraio 2014, n. 9 nel fornire informazioni non reticenti e complete, compilare moduli, presentare documenti ed altro) il soccorso istruttorio va attivato, qualora dalla documentazione presentata dal candidato residuino margini di incertezza facilmente superabili (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 257; V, 8 agosto 2016, n. 3540; II, 28 gennaio 2016, n. 838; IV, 7 settembre 2004, n. 5759) rispondendo tale scelta amministrativa ad un principio di esercizio dell’azione amministrativa ispirata a buona fede e correttezza.