Con l’ord. 38985/2021, la Corte di Cassazione ha chiarito che, in caso di affidamento del servizio di riscossione e accertamento dei tributi locali, spetta al concessionario la legittimazione processuale per le controversie derivanti dall’attività svolta.
In altre parole, qualora il Comune, in applicazione dell’art. 52 D.Lgs. 446/1997 in materia di potestà regolamentare generale, “affidi il servizio non solo di riscossione delle imposte locali ma anche di accertamento, mediante apposita convenzione, ai soggetti terzi indicati nella norma suddetta, quest’ultimo potere spetta al soggetto concessionario e non al Comune; ed all’attribuzione di tali poteri consegue, quale ineludibile conseguenza, non solo la legittimazione sostanziale, ma anche la legittimazione processuale per le controversie che involgano tali materie”: conclusione cui era già giunta in passato con le sent. 12773/18, 11514/18 e 25305/2017.
Infatti, precisa la Corte, il rapporto da cui trae origine la legittimazione processuale della concessionaria non è “un rapporto privatistico, bensì concessorio, articolato sulle scansioni del diritto pubblico” (Cass. n. 21773/2014), e trova la sua regolamentazione finale nelle delibere comunali che sono esse stesse fonte di legittimazione processuale del concessionario.
In ultimo e nel merito dell’imposizione tributaria (la vicenda muoveva da un avviso di accertamento TARES), statuiva che “se è vero che è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, ciò non di meno grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare del diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile o, addirittura, l’esenzione costituendo questa un’eccezione alla regola del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale” (Cass. n. 22130/2017)”.