Con sentenza 2270 del 18 ottobre scorso, il TAR Lombardia si è espresso favorevolmente in merito alla legittimità di impugnazione da parte del MEF delle delibere comunali di approvazione delle aliquote.
A tal proposito occorre richiamare l’art. 52 comma 4 del D. Lgs. 446/1997 che stabilisce quanto segue:
“Il Ministero delle finanze può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità avanti gli organi di giustizia amministrativa”.
Nel caso di specie, il MEF impugnava la delibera di determinazione delle tariffe TARI relativa all’anno 2015 la quale, adottata dal Comune oltre il termine fissato per quell’annualità per l’approvazione del bilancio di previsione, violava le disposizioni di cui all’art. 1 comma 169 della Legge 296/2006 e all’art. 1 comma 683 della Legge 147/2013.
I giudici, uniformandosi all’orientamento maggioritario sul tema (Sentenze Cons. di Stato n. 3817/2014, n. 4104/2017, n. 267/2018), hanno ribadito che l’art. 52 comma 4 sopra citato “attribuisce dunque al Ministero dell’Economia e delle Finanze una legittimazione straordinaria a ricorrere, per l’annullamento, per motivi di legittimità, dei regolamenti e degli atti adottati dall’ente locale in materia di entrate […]. Tale legittimazione spetta ex lege e prescinde, oltre che dalla titolarità di una posizione giuridica differenziata in capo al Ministero, anche dall’esistenza di una lesione attuale e concreta alle prerogative del Ministero o agli specifici interessi istituzionali di cui lo stesso risulti portatore. Nel merito, l’assunto di partenza del Ministero ricorrente è corretto, in quanto risulta documentalmente provato che l’amministrazione comunale interessata non abbia approvato entro i termini previsti dalla normativa di riferimento la deliberazione impugnata. Gli atti sono stati dunque adottati in violazione di legge e come tali devono essere ritenuti illegittimi, in relazione alla natura perentoria del termine violato”.
Con questa sentenza il TAR Lombardia si discosta da quanto precedentemente affermato nella sentenza n. 2259/2016:
“[…] non risulta sufficiente l’astratta possibilità di impugnare una delibera per sostanziare in concreto l’interesse del Ministero ricorrente, che deve risultare portatore – nello specifico – di un’utilità ricavabile dall’annullamento degli atti impugnati. […] il Ministero non spiega i motivi per i quali le delibere gravate si presenterebbero lesive della sua sfera giuridica ovvero degli interessi pubblici di cui è portatore, omettendo di illustrare i meccanismi in forza dei quali dall’annullamento di dette delibere potrebbero derivare effetti favorevoli per la propria sfera giuridica, limitandosi genericamente a denunciare una loro difformità dalla legge, per quanto concerne la tempistica della loro approvazione”.
Sul punto anche le sentenze n. 148/2016 e n. 1481/2018 rispettivamente del TAR Friuli Venezia Giulia e del TAR Puglia hanno ribadito l’interpretazione restrittiva, ovvero riferita esclusivamente agli atti aventi natura regolamentare, della previsione normativa di cui all’art. 52.
Va infine evidenziato che la sentenza in commento chiarisce altresì che la violazione del termine stabilito dall’art. 1 comma 169 L. 296/2006 non determina automaticamente l’illegittimità dei regolamenti e degli atti comunali, ma incide solo sul regime di efficacia temporale precludendone l’applicazione retroattiva a decorrere dal 1° gennaio.