Il testo del ddl di bilancio, approvato nei giorni scorsi in Consiglio dei Ministri e firmato quest’oggi dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è ormai pronto per l’esame parlamentare.
Il provvedimento contiene 144 articoli e sarà esaminato in prima lettura dalla Camera dei Deputati.
Come preannunciato nei giorni scorsi, la manovra torna ad introdurre un limite al turn over nella pubblica amministrazione pari al 75% della spesa del personale di ruolo cessato nell’anno precedente.
In particolare, per quanto concerne gli enti locali, occorre fare riferimento alla disposizione contenuta nel comma 9 dell’art. 110, la quale prevede che, “fermo restando quanto previsto dall’articolo 33, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, per l’anno 2025 le regioni a statuto ordinario, gli enti locali con più di 20 dipendenti in servizio con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura non possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato in misura superiore a un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 75 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell’anno precedente. Le economie derivanti dall’attuazione del presente comma restano annualmente acquisite ai bilanci degli enti”.
Tuttavia (magra consolazione), il successivo comma 12 prevede la facoltà di utilizzare una parte dei conseguenti risparmi di spesa per incrementare (fino ad un massimo del dieci per cento) i fondi relativi al trattamento accessorio del personale appartenente alle amministrazioni destinatarie dei tagli.
Altra novità di rilievo è quella contenuta nel comma 5 dell’art. 23, il quale consente alle amministrazioni pubbliche di richiedere il trattenimento in servizio del personale dipendente di cui si ritenga necessario continuare ad avvalersi, anche oltre il limite di età previsto per il collocamento in quiescenza e non oltre il settantesimo anno di età. La disposizione è volta ad attribuire alle amministrazioni una facoltà, esercitabile ove ci siano esigenze funzionali non diversamente assolvibili ed anche per lo svolgimento di attività di tutoraggio e di affiancamento ai neoassunti, così da garantire loro un necessario affiancamento del personale più esperto per operare un “passaggio di competenze” che garantisca il più alto standard di efficienza, ed opera specificamente previa disponibilità dell’interessato.
Il precedente comma 4 dello stesso art. 23, peraltro, cancella dall’ordinamento quella disposizione (articolo 72, comma 11, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008) che consente alle pubbliche amministrazioni di risolvere unilateralmente il contratto di lavoro, anche del personale dirigenziale, con un preavviso di sei mesi, a decorrere dalla maturazione del requisito di anzianità contributiva per l’accesso al pensionamento.
Da ultimo, per quanto concerne il finanziamento dei futuri rinnovi contrattuali del pubblico impiego, la legge di bilancio stanzia complessivamente 10,855 miliardi in tre anni. «Per il triennio 2025-2027 – si legge nell’art. 19 – gli oneri posti a carico del bilancio statale per la contrattazione collettiva nazionale e per i miglioramenti economici del personale statale in regime di diritto pubblico sono complessivamente determinati in 1.755 milioni di euro per l’anno 2025, 3.550 milioni di euro per l’anno 2026 e 5.550 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027».
Nelle more della definizione dei contratti collettivi nazionali di lavoro relativi al predetto triennio, le amministrazioni dovranno provvedere all’erogazione dell’IVC nella misura percentuale (rispetto agli stipendi tabellari) dello 0,6 per cento dal 1° aprile 2025 al 30 giugno 2025 e dello 1,0 per cento a decorrere dal 1° luglio 2025.
Ovviamente, poi, si ribadisce che per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall’amministrazione statale, gli oneri per i rinnovi contrattuali per il triennio 2025-2027 dovranno essere posti a carico dei rispettivi bilanci ai sensi dell’articolo 48, comma 2, del medesimo decreto legislativo.
Infine, il comma 4 del citato art. 19 autorizza la spesa di 1.954 milioni di euro per l’anno 2028, di 4.027 milioni di euro per l’anno 2029 e di 6.112 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2030, da intendersi al lordo degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) di cui al decreto legislativo n. 446 del 1997, per la copertura degli oneri della contrattazione collettiva nazionale relativa al triennio 2028-2030, in applicazione dell’articolo 48, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e per i miglioramenti economici del personale statale in regime di diritto pubblico.
Ma non bisogna trascurare neppure il nuovo mini ritocco al rialzo dello stanziamento per il finanziamento della tornata contrattuale 2022-2024. L’art. 18 della legge di bilancio stabilisce infatti che le risorse destinate ai trattamenti accessori del personale dipendente possono essere incrementate, rispetto a quelle del 2024, con modalità e criteri da stabilire nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale relativa al triennio 2022-2024, di una misura percentuale del monte salari 2021 da determinare, per le amministrazioni statali, nei limiti di una spesa complessiva di 112,1 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025, al lordo degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell’imposta regionale sulle attività produttive, mediante l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di un apposito fondo con una dotazione di pari importo. Per le restanti amministrazioni, la disposizione prevede che si provveda a valere sui propri bilanci, con la medesima percentuale e i medesimi criteri previsti per il personale delle amministrazioni dello Stato, secondo gli indirizzi impartiti dai rispettivi comitati di settore nel rispetto della vigente normativa di riferimento.