Con l’ordinanza n. 16760/2021, la Cassazione ha precisato che il soggetto affidatario del servizio di accertamento e riscossione dei tributi locali non è legittimato a rappresentare processualmente il Comune in sede di contenzioso, anche se ha provveduto a predisporre gli atti per conto di quest’ultimo.
Richiamando la precedente sentenza n. 20954/2019, la Suprema Corte ha infatti statuito che: “Secondo la disciplina generale del processo, il termine “parte” va inteso o in senso puramente formale, individuando il soggetto che agisce nel processo, compiendo i relativi atti (primo tra tutti la proposizione della domanda), od in senso sostanziale, ossia il soggetto titolare (attivo o passivo) del diritto controverso. Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, in relazione al processo tributario, definisce la parte attiva secondo l’accezione di cui al codice di procedura civile, richiamando genericamente la figura del ricorrente ossia la parte che propone la domanda, introducendo altresì la nozione di parte legittimata in senso sostanziale rispetto alla parte resistente, individuata nell’ufficio o ente che ha emesso l’atto impugnato o non ha emesso l’atto richiesto (silenzio rifiuto). Secondo un’interpretazione letterale dell’art. 10, legittimato passivo è il soggetto che “ha emesso l’atto” notificato al contribuente; la legittimazione passiva del Concessionario sussiste, dunque, nei casi in cui oggetto della controversia sia l’impugnazione di atti allo stesso direttamente riferibili”.
Una simile circostanza non pare essersi verificata nel caso di specie dato che il Comune aveva stipulato con la concessionaria un contratto di affidamento della gestione dell’attività di riscossione e della preliminare attività accertativa, ma gli atti emessi erano stati sottoscritti e notificati direttamente dall’Ente.