Come più volte ricordato, l’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 33 del c.d. “Decreto Crescita” (D.L. 34/2019) ha previsto la revisione delle regole per la fissazione del tetto di spesa relativo all’ammontare complessivo delle risorse che ciascuna amministrazione pubblica può annualmente destinare al trattamento accessorio del proprio personale.
Si prevede, infatti, che il limite posto dall’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75 del 2017, dovrà essere “adeguato, in aumento o in diminuzione, per garantire l’invarianza del valore medio pro-capite, riferito all’anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa nonché delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018”.
Ad oggi, tuttavia, permangono ancora numerose incertezze su come calcolare il nuovo limite di spesa.
A fornire un primo chiarimento ufficiale sul tema è intervenuta oggi la circolare della Ragioneria Generale dello Stato n. 16 del 15 giugno 2020, ove si afferma (a pag. 168) che la necessità di continuare a monitorare il limite 2016 distintamente per ciascuna categoria di personale deriva, tra le altre cose, dalla diversa possibile incidenza su di esso delle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dagli enti ai sensi delle disposizioni introdotte a decorrere dal 2019.
La circolare, dunque, sebbene in modo solo accennato, sembra dirci che l’adeguamento debba essere operato non già sull’intero ammontare delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio, bensì distintamente per ciascuna categoria di personale.
In altre parole, il limite di spesa ex art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017, varia, in aumento o in diminuzione, solo se il Fondo delle risorse decentrate e/o le risorse destinate alle posizioni organizzative variano per mantenere invariato il rispettivo valore pro capite, cosi come calcolato autonomamente (con la salvaguardia dei rispettivi valori pro capite 2018).