Nell’ambito della disciplina concessoria per le infrastrutture di comunicazione elettronica e diritti di passaggio, l’art. 86 co. 3 D.Lgs. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche) prevede che “[…] Gli elementi di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità e le altre infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88, nonché le opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica in grado di fornire servizi di accesso a banda ultralarga, effettuate anche all’interno di edifici, da chiunque posseduti, non costituiscono unità immobiliari ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28, e non rilevano ai fini della determinazione della rendita catastale”.
La disposizione citata, introdotta in forza dell’art. 12 co. 2 D.Lgs. 33/2016 e in vigore dal 1° luglio del medesimo anno secondo quanto stabilito all’art. 15 D.Lgs. 33/2016, prevedendo che gli edifici contenenti le infrastrutture per le comunicazioni non sono unità immobiliari, ha una particolare incidenza anche in ambito tributario, ed in particolare in riferimento all’IMU, il cui presupposto impositivo, come noto, è il possesso di immobili.
La nuova disciplina comporta infatti che tutti gli edifici nei quali sono installati gli impianti di comunicazione, accatastati ad es. in categoria D/7, potrebbero essere esclusi dall’imposizione tributaria qualora vi sia un accatastamento nella nuova categoria F/7, priva di rendita, creata proprio a seguito del D.Lgs. 33/2016 sopra richiamato.
A favore dei Comuni è tuttavia da rilevare che la variazione della categoria catastale in funzione di quanto stabilito dell’art. 86 co. 3 D.Lgs. 259/2003 non avviene in modo automatico ma è rimessa alla scelta dell’intestatario del bene, il quale può anche decidere di non provvedere in tal senso.
Lo si deduce da quanto specificato dall’Agenzia delle Entrate nella Circ. n. 18/E del 8/6/2017, nella quale si legge: “[…] Pertanto, per gli immobili che costituiscono infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione già censiti al Catasto Edilizio Urbano, gli intestatari catastali possono presentare ai sensi dell’art. 1 del regolamento approvato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701 (cd. procedura Docfa), finalizzate alla variazione delle scritture catastali, – Infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione. A questo proposito, si deve sottolineare che la presentazione di detta dichiarazione è nel precipuo interesse dell’intestatario del bene, dal momento che l’attribuzione della categoria F/7 rappresenta anche un elemento di chiarezza ai fini degli adempimenti tributari […]”.
Deve infatti essere evidenziato che, con la variazione, il cespite viene riaccatastato senza rendita e, come specificato dall’AdE nella Circolare richiamata, dovranno essere eventualmente riaccatastati separatamente i locali destinati ad usi diversi non strettamente funzionali alle reti di comunicazione, quali uffici, abitazioni, autorimesse, magazzini, ecc.
A ciò si aggiunga che, essendo l’immobile già in precedenza accatastato, l’Agenzia delle Entrate, prima della presentazione del DocFa, non ha la possibilità di provvedere ad ulteriori verifiche. In altre parole, l’AdE ha la facoltà di procedere a verificare la correttezza di quanto dichiarato (anche in riferimento ai locali “accessori”) per la variazione solo nel momento in cui quest’ultima è presentata, senza avere la possibilità di verificare se i requisiti fossero già presenti in precedenza.
Deve altresì essere rilevato che il Legislatore aveva previsto un certo periodo transitorio per l’entrata in vigore della variazione normativa (D.Lgs. 33/2016 in vigore dal 10/03/2016; variazione all’art. 86 D.Lgs. 259/2006 in vigore, per esplicita disposizione di legge, dall’1/07/2016), evidentemente al fine di offrire il tempo necessario ai titolari degli immobili destinati alle reti di comunicazione di attivarsi affinché fosse tempestivamente riconosciuto il nuovo accatastamento nella categoria F/7.
In conclusione quindi, l’esclusione dal presupposto impositivo IMU potrà decorrere solo qualora il proprietario dell’immobile abbia provveduto a richiedere il diverso accatastamento e comunque con decorrenza dalla data di presentazione del DocFa. Non dovranno quindi essere accolte, ad esempio, richieste di rimborso formulate adducendo la decorrenza della variazione normativa dal 1° luglio 2016 qualora la variazione catastale sia avvenuta oltre tale data. Analogamente il Comune potrà procedere con l’emissione degli avvisi di accertamento IMU, in caso di mancato pagamento, anche per il periodo successivo a tale data e fino a quanto non sia avvenuta la variazione catastale.