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La facoltà di revisione dei PEF non può considerarsi inibita a priori

I Piani Finanziari già approvati nel biennio 2022-2023 non potranno subire adeguamenti in quanto ARERA nella delibera n. 62 del 21 febbraio 2023 ha indicato che l’adeguamento dei costi alle dinamiche inflattive non sono sufficienti a giustificare una revisione infra-periodo dei documenti. Chi si limitasse ad una considerazione come quella appena espressa, chiudendo ad ogni possibilità di revisione del PEF nel 2023 tralascerebbe una serie di circostanze e motivazioni che sono di primaria rilevanza e assolutamente degne di nota. Innanzitutto è bene rilevare i termini utilizzati dall’Autorità che sostiene che “le richiamate dinamiche non appaiono tali da poter trovare le necessarie coperture nell’ambito del possibile ricorso alle revisioni straordinarie di cui al citato comma 8.5 della deliberazione 363/2021/R/RIF”. All’apparenza, vista l’impostazione del MTR-2 sull’annualità a-2, è comprensibile che i maggiori costi non siano considerabili; ma questo solo all’apparenza dato che nella sostanza ogni E.T.C. è chiamato alle specifiche valutazioni sulle dinamiche di sostenibilità della Gestione. Si potrebbe quindi giungere a situazioni molto differenti: in alcune di esse i rincari potrebbero ad esempio essere compensati da altre economie, azzerandone gli impatti; in altri però il mancato riconoscimento dei costi nell’anno di imposta potranno generare squilibri di Gestione rilevantissimi. Nell’eventuale istanza di revisione all’Autorità (che probabilmente ha specificato quanto sopra al fine di evitare che le dinamiche inflattive nazionali portassero alla revisione totale e complessiva di ogni singolo Piano finanziario) occorrerà puntualmente declinare l’esigenza di rimettere mano ai valori già approvati lo scorso anno.

A ciò si aggiunga che la copertura dei maggiori oneri (che le Società potrebbero pretendere in forza della facoltà di revisione dei contratti per l’adeguamento all’indice di inflazione programmata) non mediante PEF – quindi TARI – ma attraverso la fiscalità generale del Comune comporterebbe la violazione del principio normativo dell’integrale copertura dei costi del servizio. Nel 2023 il Comune sosterrebbe un corrispettivo finanziato in parte da TARI e in parte da altre risorse (sottratte peraltro alle capacità di spesa degli enti in modo del tutto illegittimo e, a parere di chi scrive, piuttosto irragionevole), con la conseguenza di recuperare i maggiori costi solo nell’anno a+2 (quindi nel 2025) richiedendo cioè i maggiori oneri necessari per l’erogazione del servizio di quest’anno a contribuenti futuri che oggi potrebbero nemmeno essere fruitori dello stesso servizio.

Vi sono numerosi motivi per non fermarsi a quanto indicato all’inizio del presente articolo e per valutare di intervenire con una revisione del PEF 2023, analizzando ogni circostanza dovesse rischiare di mettere a repentaglio l’equilibrio economico-finanziario della gestione. Tratteremo approfonditamente questi argomenti nel webinar di giovedì 23 marzo: cliccando qui potrete scaricare la locandina ed il modulo di iscrizione per partecipare.

Tags: ARERA, PEF, TARI